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Non sono un negazionista, non seguo i no-vax e tanto meno i no-mask, e non mi ritengo nemmeno un populista, mi limito ad osservare quanto accade ed a farmi le mie idee. Il covid è ancora in giro e qualche problema lo sta ancora creando, però dal Governo ci fanno sapere pure che “la situazione non è critica”, gli epidemiologi che non si prevedono seconde ondate e il premier ha assicurato che non ci saranno altri lockdown, al massimo solo interventi mirati.

Se la fotografia generale è questa, mi domando perché non si vogliano riaprire gli stadi. Ovviamente non ancora a tutti, ma anche solo ad un numero contingentato di spettatori. Sono stati riaperti cinema e teatri, siamo tornati al bar e al ristorante, vengono autorizzate manifestazioni e spettacoli all’aperto, tra pochi giorni verranno riaperte (finalmente) anche le scuole, però gli stadi no. Quelli devono restare chiusi. “Perché – spiega il presidente dell’ISS, Brusaferro – i raduni di massa sono considerati al mondo come il massimo livello di rischio”.

E allora perché quest’estate ci avete permesso di radunarci in massa sulle spiagge? Sono stato in vacanza in Liguria e non vi dico quanti assembramenti ho visto, soprattutto sulle libere. Contagiati? Dov’ero io, per fortuna soltanto 3 in due mesi e tutti asintomatici.

Agli allenamenti del Napoli, a Castelvolturno, sono stati consentiti 500 ingressi alla volta, l’amichevole Parma – Empoli si gioca alla presenza di mille persone, agli spettacoli dell’Arena di Verona possono assistere qualche altra migliaia, persino il sottoscritto – a Noli – ha assistito ad alcuni spettacoli e concerti organizzati in piazza e ai quali ha potuto partecipare un numero seppur limitato di pubblico. Però gli stadi devono restare chiusi. Nonostante le richieste di riapertura sollecitate da parecchi club e, a loro volta, presentate dalle Regioni alle autorità competenti, le quali però fanno muro. Perché “non esisterebbero le premesse per eventi con spettatori”. Ma come? E quelli finora autorizzati come mai li avevano? 

Brusaferro ha spiegato che “ci sono una serie di problemi nel gestire l’ingresso e le uscite delle persone dagli stadi”. Eppure la Juventus, per esempio, ha corredato la propria richiesta d’apertura con un piano d’ingresso ed evacuazione dell’Allianz Stadium, e come lei si organizzerebbero pure le altre, ma niente da fare.  Da Roma non ci sentono. Pure Conte (Giuseppe) ha detto di ritenere “assolutamente inopportuna” una riapertura. Alla faccia di chi pone il rilancio dell’economia come uno degli obiettivi prioritari del proprio esecutivo. I club non incassano un euro dalle biglietterie da marzo scorso ma devono fronteggiare comunque le spese vive, eppure la cosa sembra interessare a pochi. Un disinteresse governativo nei confronti del calcio già sperimentato durante il lockdown, quando sembrava impossibile far ripartire i campionati. Il motivo è sempre lo stesso: la paura di sbagliare e venire poi bersagliati di critiche. Ma con la paura non si può governare un Paese.

Non mi permetto di dare lezioni a nessuno, soprattutto su temi delicati come la salute pubblica, uso solo la logica: se mi viene detto – da esperti, e non dall’uomo della strada - che la situazione non è più preoccupante come prima ma che basta far uso del buon senso e seguire alcune regole comportamentali, non vedo perché non si possano gradualmente riaprire pure gli stadi. Prima a qualche migliaia di tifosi e, poco per volta, ad un numero sempre crescente di spettatori. Tutti obbligati ad entrarci con la mascherina, sedersi distanziati sugli spalti e fatti defluire seguendo appositi percorsi. Non mi pare così complicato. Ma in assenza di volontà, lo diventa in automatico.