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Non sono mai stato negazionista sull’inchiesta Juve, e non lo sarò nemmeno ora, in quanto le accuse sono pesanti e alcune intercettazioni compromettenti, se non talvolta espliciti ammissioni di colpa. Questo non significa, però, che vada bene tutto e non si possa eccepire su nulla, quasi che la Juve debba essere condannata a prescindere.

Da un certo punto di vista era pressoché scontato che la Procura federale riaprisse il procedimento sportivo sulle plusvalenze (chiuso ad aprile 2022), causa anche (soprattutto) il polverone mediatico creato dalla divulgazione delle veline dell’inchiesta Prisma. Da sempre in via Allegri sono parecchio sensibili al sentire popolare, e non stanno facendo eccezione nemmeno stavolta: leggono, annusano l’aria e poi procedono. 

Ed infatti ecco il procuratore capo Chiné già al lavoro su quelli che lui ritiene “ulteriori e nuove condotte disciplinarmente rilevanti “ rispetto a quelle già giudicate e sentenziate in precedenza. Da ieri è già stata così recapitata ai club interessati la comunicazione della revoca di quelle decisioni e la parallela riapertura del processo sportivo. 

Avete letto bene: ai club. Quindi, non solo alla Juventus, ma anche a tutte le società che nell’ultimo triennio hanno fatto affari con lei e sulle cui transazioni gli inquirenti torinesi hanno sollevato dei sospetti. Sono la Sampdoria, il Genoa, l’Empoli, il Pisa, il Parma, la Pro Vercelli, il Novara e il Pescara.

Domanda lecita, ed é la stessa che sembra farsi la Juventus nel comunicato pubblicato subito dopo l’acquisizione dell’informativa federale, quali sarebbero gli elementi nuovi “sopravvenuti e rilevanti” tali da indurre la Federazione a riaprire il caso, considerata – a dire dei legali bianconeri  - “la carenza dei presupposti” per l’impugnazione di un verdetto già emesso. La prova di dolo nell’alterazione dei bilanci? Tutta ancora da dimostrare dai pm torinesi. Lo stesso GIP del Tribunale subalpino, lette le medesime carte vagliate dal procuratore federale, aveva espresso in merito delle perplessità. 

Ci sarebbe poi un ‘ulteriore interrogazione da porre a Chinè, cioè questa: sulle plusvalenze fittizie e i falsi in bilancio sta indagando la Procura di Torino, ma anche quella di Napoli. Pure quest’ultima è già arrivata a delle conclusioni nell’inchiesta, chiedendo  persino un anno di reclusione per il presidente partenopeo De Laurentiis, altrettanto per quello atalantino Percassi  (ancora l’Atalanta, anche qui) e l’ad brianzolo Galliani. In discussione ci sarebbero varie triangolazioni sospette di giocatori, oltre al famoso trasferimento dal Lille al Napoli di Osimhen. 

Il procuratore federale sostiene di aver esaminato gli atti istruttori dell’indagine Prisma e agito di conseguenza. Benissimo. Ma la documentazione sull’inchiesta della magistratura napoletana l’ha vista? L’ha richiesta? Non l’ha ricevuta? O non gli interessa? Perché è giusto fare chiarezza e approfondire sulle plusvalenze, ma a 360 gradi, e non con questa palese ed evidente disparità di trattamento.