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Cosa ci ha detto quest’ultimo turno di Champions? Ha confermato ciò che già avevamo capito nel nostro campionato, e cioè: il Var non è affatto dirimente negli episodi oscuri di una partita, e talvolta può addirittura diventare dannoso. E non per colpa della tecnologia, che il suo dovere lo fa sempre, ma di chi la usa. Per lo sfrenato desiderio dell’arbitro  - in campo così come in sala Var - di voler essere sempre lui il giudice ultimo, supremo ed insindacabile di ogni decisione.

Un brutto vizio di cui non ci libereremo mai, in Italia come all’estero, perché quella arbitrale è una casta impermeabile a critiche e cambiamento dei tempi. I direttori di gara si ritengono infatti tali, ovvero “direttori”, a pieno titolo. Vogliono “dirigere” una partita come piace a loro, a costo di prendere cantonate pazzesche. Tipo in Juve – Salernitana, o per ultimo in Inter – Barcellona. Cambiano i palcoscenici, non il modo di arbitrare. Decidono loro quali episodi punire e quali no, e come interpretare il regolamento, anche quando dispongono di immagini in grado di parlare da sole.

Per esempio, sono quasi sempre loro a stabilire se un fallo di mano è volontario o meno. Non gli importa se la regola IFAB dice che una rete va annullata solo se viene segnata con la mano, e non se a sfiorare  prima il pallone in modo irrilevante è un altro giocatore della medesima squadra. Come capitato ad Ansu Fati nella rete annullata a Pedri con l’Inter. È stato più Onana a far carambolare quel pallone sulle unghie di Fati piuttosto che quest’ultimo ad andarla ad impattare. Il Var lo ha visto e rivisto, hanno mostrato l’immagine pure all’arbitro Vincic, ma niente da fare: quella rete non è stata convalidata. Perché? Gli andava così.

Ma la cosa più paradossale si è verificata subito dopo, quando Dumfries . in piena area - ha praticamente tolto con la mano il pallone dalla testa di Fati, che lo avrebbe sicuramente indirizzato verso la porta. Una manata più plateale dell’inezia dell’episodio precedente, ma che il Var non ha nemmeno sottoposto al giudizio dell’arbitro. Pare non disponessero di un’immagine chiara. Ormai questa sta diventando la scusa buona per tutte le occasioni, Rocchi ha davvero fatto scuola. E comunque, non si può cavillare su uno sfioramento con le dita di una palla eppoi tralasciare un fallo del genere.

Xavi ha detto apertamente di sentirsi danneggiato, e ne aveva motivo. Il Barcellona prima ha minacciato di presentare denuncia alla Uefa, poi ci ha ripensato. Sbagliando, perché una lezione a questi signori qualcuno prima o poi dovrebbe dargliela, quanto meno provarci. Senza pensare alle possibili ritorsioni UEFA. Il caso va aperto, proprio perché col VAR gli errori non possono essere ammessi in competizioni di alto livello, tanto più grossolani come questi.

La stampa spagnola si è schierata compatta col Barça, quella italiana  - in genere inflessibile nei confronti dei varisti nostrani - ha esaltato cuore e compattezza dell’Inter, non calcando più di tanto la mano sugli episodi. Quasi una cronaca asettica dei fatti. Chissà se, al netto dei medesimi episodi, si sarebbero comportati così anche con la Juventus.

Nota a margine: la dinamica del primo della sestina di gol rifilata dal Napoli all’Ajax è stata identica a quella del 3-2 della Juve con la Salernitana, questa volta con Lozano nella situazione “ininfluente” di Bonucci. Gol ovviamente convalidato. Come stabilisce il regolamento IFAB internazionale, quello interpretato ogni weekend a soggetto dai signori/padroni dell’Aia. E se glielo fai notare, anziché chiedere scusa fanno pure gli offesi, e accorre in loro soccorso persino il presidente federale. Cose italiche.