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Colpo di scena: esiste un giudice a Berlino (cit.). O meglio, a Strasburgo. Un giudice che, finalmente, vuole vederci chiaro sulla Calciopoli italiana. Un magistrato che vuole capire cosa accadde in quella tempestosa estate del 2006, come si svolsero i processi federali e cosa emerse in seguito, in sede di giustizia ordinaria. Un signore togato che su questa vicenda non ha deciso di lavarsene le mani dicendo, come hanno fatto tanti altri suoi colleghi in questi ultimi 15 anni, “non è materia di mia competenza”. A Strasburgo, presso il Tribunale europeo dei diritti dell’uomo, hanno invece stabilito che lo è, e quindi il caso si riapre.

A portarcelo fin lì è stato Antonio Giraudo, ex amministratore delegato della Juventus radiato in via definitiva dal mondo del calcio proprio dai processi calciopolari, convinto di non aver avuto goduto nel 2006 di un processo equo né di aver avuto il tempo per potersi difendere dalle pesantissime accuse contestategli dalla giustizia sportiva (7.000 pagine di verbali da esaminare in una sola settimana). Da qui la richiesta presentata al Tribunale di Strasburgo dall’avvocato Dupont (quello del caso Bosman) di ascoltare il proprio cliente e rendergli giustizia. Richiesta che è stata accolta, quindi ora lo Stato italiano e il suo sistema giudiziario verranno chiamati davanti all’Alta Corte Europea a motivare i propri comportamenti in quell’epoca.

Se dopo il dibattimento, previsto nei mesi prossimi, il Tribunale francese dovesse pronunciarsi a favore di Giraudo, dandogli ragione, la FIGC dovrà pesantemente risarcirlo, e a quel punto potrebbe tornare in gioco pure la Juventus. Perché l’equazione è elementare: dare ragione all’ex AD juventino, che all’epoca dei fatti prese tutte le decisioni per conto del club torinese, significherebbe dare implicitamente ragione pure alla Juve, poiché i diritti di Giraudo coincidono con quelli della Juventus. Sarebbe forse la volta buona per riaprire il processo sportivo e riesaminare i fatti sulla scorta di tutti i nuovi elementi emersi dopo il 2006. Non lo so se andrà così, è un’ipotesi, da oggi esistono però fondate possibilità che si possa verificare quanto scritto sopra.

Di sicuro si tornerà almeno a riesaminare una vicenda data ormai per morta e sepolta, a cominciare proprio dalle istituzioni sportive italiane per le quali l’argomento Calciopoli era e resta un tabù. Tant’è vero che del ricorso presentato a Strasburgo non se ne ricordava più nessuno, ritenendolo probabilmente soltanto l’ennesimo velleitario tentativo di riesumare una vicenda ormai archiviata. Invece la decisione a sorpresa di Strasburgo potrebbe andare a scoperchiare il classico vaso di Pandora, determinando tutto ciò che in questi ultimi 15 anni non è successo. Per la ferma volontà del mondo sportivo, con la complicità di quello politico, di occultare l’argomento Calciopoli. Come bene sintetizzò una volta lo stesso Andrea Agnelli “si è deciso di non decidere”. 

Giraudo però non si è arreso ed è riuscito a farsi ascoltare dall’Alta Corte Europea, grazie al ricorso scritto e presentato dall’avvocato Dupont, un legale dalle grandi capacità e dai grossi attributi. Nel 2006, nel pieno della tempesta calciopolara, pure la Juventus si rivolse a Dupont per farsi consigliare come muoversi, e l’avvocato belga non ebbe dubbi: rivolgetevi subito al Tribunale di Strasburgo e vedrete che non ci sarà Federazione in grado di ledere i vostri diritti. A Torino decisero di non farlo, accogliendo invece l’invito dell’allora premier Prodi e della ministra Melandri a ritirare il ricorso al Tar ed accettare il giudizio del tribunale sportivo. Avessero ascoltato Dupont, forse la storia sarebbe stata diversa. E magari adesso, grazie proprio all’abile Dupont, potrebbe cambiare ancora.