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Siccome ho avuto la fortuna di averli visti giocare alla Juventus entrambi, mi permetto di dire la mia sulla questione Dybala/Platini. Una discussione nata subito dopo l’esultanza di Paulo con lo Zenit, ovvero quella posa sdraiata sul prato inventata da Le Roi dopo un capolavoro di rete, una delle più belle segnate nell’intera storia del calcio, annullatagli in una finale (vinta) di Coppa Intercontinentale. A dire il vero la sua non fu un’esultanza, bensì una forma di protesta, un modo originale di esternare la propria delusione per quell’ingiustizia subita (ai tempi non c’era il Var), per quello sfregio all’artista del pallone. 

Dybala quella “citazione” iconica se l’era preparata per tempo e infatti l’ha utilizzata non appena ha superato Michel nel numero di reti segnate in bianconero (106 vs 104). Quasi come dire: “Avete visto? Ora sono meglio di lui”. Calma, Paolino. 

Prima di tutto, le sue 104 reti Platini le ha segnate giocando 40 partite in meno e in 5 stagioni di permanenza alla Juventus contro le 7 del giovane gaucho. In quel quinquennio fece tali e tante meraviglie, con la Juve e con la nazionale francese, da conquistare tre Palloni d’oro di fila. Roba riuscita finora solo a gente come Ronaldo e Messi. Contemporaneamente, con la Juventus vinse tutto quello che c’era da vincere su piazza. 

Gli allori non mancano nemmeno nel palmares di Paulino, ma quanto a premi individuali Michel lo surclassa di brutto. Infatti, uno è la Joya, l’altro è Le Roi. Come ha raccontato di recente Mauro “era quello che prendeva in mano le situazioni difficili”. In pratica, gli passavi la palla e ci pensava lui. “Ci migliorava”. Io che l’ho visto, posso confermare che era proprio così. Quando a 27 anni arrivò alla Juve, Michel era già un fenomeno assoluto. 

Dybala è approdato in bianconero a 22, un ragazzino, con doti tecniche e capacità balistiche non comuni, mostrate però in maniera parecchio discontinua. Prestazioni da incorniciare alternate ad altre abuliche. Un diamante opaco, che spesso non luccica quando serve. Per esempio, nella finale di Champions a Cardiff. Un fantasma. 

Platini di finali internazionali ne giocò 5, quattro con la Juve ed una con la Francia: centrò una quaterna di vittorie, nelle quali fu sempre decisivo. Una parola che non può essere affiancata al nome di Dybala. Finora lui è stato solo bello da vedere, una Joya per gli occhi. 

Ora di anni ne ha 28, non è più Paolino ma Paolo. Sta per firmare con la Juve un contratto da top e indossa con frequenza la fascia di capitano. Vuol essere considerato un punto di riferimento per la squadra, “per me è arrivata l’ora di essere un leader” ha dichiarato, ed è ciò che alla Juventus desiderano e si aspettano da lui.

Le statistiche hanno sancito il sorpasso su Platini, sul campo resta ancora da compiere lo step decisivo per potersi considerare alla pari, se non addirittura migliore del Re: imitarlo non solo nelle pose ma anche nel rendimento, nella capacità di assumere la leadership, di decidere da solo le partite. Certo, è più difficile, ma con l’impegno che Paulo ci sta mettendo ultimamente potrebbe riuscirci.