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Quindici faldoni. Una roba tipo la Treccani. Sono quelli riguardanti l’inchiesta Prisma che indaga sui conti della Juventus dal 2018 al 2021. Dentro quei volumi c’è di tutto: intercettazioni, verbali, citazioni, memorie difensive, consulenze tecniche. E forse anche altre cose che non sono ancora emerse, e che magari non attengono solo ed esclusivamente ai bilanci della società bianconera. C’è probabilmente dell’altro dentro quei 15 tomi. Sembra davvero che l’intenzione della magistratura subalpina non sia soltanto quella di vederci chiaro sull’amministrazione contabile del club, ma anche su altro. Che lo scopo ultimo sia quello di colpire la Famiglia e, in prima persona, Andrea Agnelli attraverso la Juventus. Lo si deduce da alcuni particolari: la pervicacia della Procura di Torino nell’avviare indagini a getto continuo nei confronti dell’ormai ex presidente Juventus, e i metodi d’inchiesta utilizzati.
È dal 2016 che Andrea Agnelli è sotto la lente degli inquirenti, da quell’inchiesta Alto Piemonte riguardante i rapporti tra il club bianconero e alcune frange del tifo ultrà legate alla criminalità organizzata, pure quella – come Prisma - basata su intercettazioni, pedinamenti, filmati. Un’inchiesta in cui, alla fine, la Juventus risultò parte lesa e Agnelli un presidente sotto ricatto. Il tentativo di incastrarlo per rapporti con la N’dragheta fallì.
Nel 2020 partì dal Tribunale torinese un’altra inchiesta, passata un po’ sottotraccia, quella riguardante l’azienda Blutec del gruppo Ginatta, con accuse nei confronti del fondatore che andavano dal riciclaggio alla bancarotta fraudolenta, avvenuti secondo gli inquirenti attraverso comportamenti dolosi e condotte distruttive del patrimonio. Tra queste, anche l’acquisto di numerosi abbonamenti e biglietti della Juventus, per un valore complessivo di 185 mila euro. Essendo AA grande amico dei Ginatta, oltre che socio con i medesimi nella partecipata Investimenti Industriali, l’occhio dei magistrati si ripose sul presidente bianconero, ma finora senza esito.
Infine l’inchiesta Prisma, della quale si riempiono da settimane paginate intere di giornali e non c’è tg che non ne parli, ma forse sfugge ancora qualcosa che i magistrati tengono debitamente celato. Perché quando per un’indagine finanziaria non sono sufficienti le scrupolose analisi dei documenti contabili, ma si ricorre oltre a quelle telefoniche persino alle intercettazioni ambientali nei luoghi frequentati a Torino da presidente, dirigenti, amministratori e legali della Juventus, significa che stavolta non si vuole fallire il colpo, che si desidera colpire e affondare in pieno il bersaglio, servendosi delle stesse metodologie utilizzate per incastrare i criminali mafiosi (abitudine un po’ troppo abusata ultimamente dalla magistratura in genere). Altrimenti non si spiega il ricorso alle cimici piazzate persino nei ristoranti, quasi ci trovassimo di fronte alla Spectre. 
Qual è il vero obiettivo dei pm torinesi: fare chiarezza sui conti della Juventus, oppure incriminare Andrea Agnelli, danneggiare la Famiglia, e insieme a loro distruggere il club bianconero? Dall’esterno, e da ciò che a spizzichi e bocconi emerge dall’inchiesta, l’impressione è che da parte della Procura sia stata messa in atto dal 2016 un’autentica caccia all’uomo, dagli esiti del tutto imprevedibili. Elkann lo ha capito e - per cercare di salvaguardare l’immagine della famiglia e del gruppo Exor e provare ad evitare danni pesanti alla Juventus - non ha voluto seguire il cugino nello scontro a muso duro con le istituzioni giudiziarie e ha azzerato il cda. Di fatto, abbandonando Andrea al suo destino.