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Faccio davvero fatica a comprendere l’alzata di scudi (semi)collettiva dopo le dichiarazioni di Giorgio Chiellini su SuperLega, Serie A e Var. Normale dissentire, ci mancherebbe, però in questo caso più che un dissenso mi è parso di cogliere un fastidio bello e buono. È sempre la solita storia: qualcuno prova ad uscire dal mainstream e finisce dritto nel tritacarne. Stavolta è toccato a Chiellini: a quale titolo parla? Come si permette, da capitano della Nazionale, di andare contro la sua Federazione? Per giunta, dal ritiro di Coverciano? Vuole riportare il calcio alla preistoria? Mamma mia, cosa ha mai detto Giorgione? Semplicemente che a lui, così come a parecchi giocatori della Juventus, piacerebbe disputare la SuperLega. Inoltre, che in Serie A ci sono troppe squadre e che il Var andrebbe rivisto, se non abolito del tutto. Non avrebbe dovuto dirlo? E perché mai.

Personalmente condivido tutto quanto, e non perché gioca nella squadra per la quale tifo, l’avesse detto qualcun altro sarei stato d’accordo lo stesso. A cominciare dalla SuperLega, diventata come l’anticristo. Guai nominarla, ancor più sostenerla e promuoverla. Eppure, tutti i tifosi (non solo quelli della Juve) da me personalmente sondati su questo tema, nella stragrande maggioranza la pensano proprio come Chiellini. Questa teoria della “morte dei sogni calcistici” la ascolto sempre e solo da qualche addetto ai lavori e da politicanti vari.

“Interi governi hanno preso le distanze da questo progetto”, mi ricordano. E certo, avendo ciascuno di loro piazzato i propri burocrati all’interno di istituzioni potenti come Uefa e Fifa, è chiaro che adesso difendano con i denti un potere acquisito pure sul football, e che non intendono mollare per nulla al mondo. Apparentemente dicono di voler difendere il “calcio del popolo”, in concreto si arroccano a protezione di una macchina da soldi che desiderano gestire come pare a loro. Il populismo di fondo è solo la scusa per raccattare consensi, la solita furbata della politica a ogni latitudine.

Poi, cosa significa che - essendo un tesserato FIGC - Chiellini non possa assumere posizioni in conflitto con quelle federali? Ci riempiamo la bocca di democrazia, e poi rappresentiamo la Federazione come un Politburo al quale è obbligatorio allinearsi. Siamo arrivati allo sdoganamento del pensiero unico pur di dar contro a una SuperLega, che gli stessi promotori hanno più volte assicurato essere un progetto perfettibile e modificabile, assolutamente non in contrasto coi campionati nazionali.

Tornei, questi ultimi, da rivedere nei loro format, in nome del vecchio adagio del “si gioca troppo e ci si infortuna di più” tirato fuori spesso dagli stessi club, i primi però a non spingere a fondo per una riforma del sistema. Ogni presidente che si avvicenda sullo scranno federale promette di attuarla ma, per dirla alla Thunberg, i loro sono stati finora dei vuoti “bla bla bla”. Poi arriva Chiellini a confermare che “ci sono squadre di troppo in Serie A” e si becca dell’arrogante.

Non ne parliamo poi quando Giorgio si è scagliato contro Sua Santità il Var, chiedendone l’abolizione “perché si sta andando verso una situazione insostenibile, lo percepiscono pure i tifosi”. È vero, non se ne può più di esultanze strozzate dalla moviola in campo, magari per millimetrici fuorigioco, anch’essi per Chiellini da togliere del tutto. Non sarebbe meglio? Eh no, perché significherebbe tornare all’età dei pionieri. Meglio continuare a polemizzare ogni lunedì sugli assurdi protocolli applicati nelle partite del weekend, come si faceva quando il Var non esisteva. Uguale. Però se Chiellini si prende la briga di dirlo, gli si intima di stare muto.

Giorgio avrebbe tutto il diritto di chiederlo a coloro che glielo vorrebbero imporre e che, forse, contano meno di zero.