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Dopo mesi di silenzio, vuoi anche per il necessario stop imposto (seppur con ritardo) dal procuratore di Perugia Cantone alle fughe di notizie, torna d’attualità il caso Suarez. Quello dell’esame farsa d’italiano sostenuto dal giocatore uruguagio per l’ottenimento del passaporto italiano, con la possibilità di essere poi tesserato dalla Juventus. La novità – attesa con trepidazione da milioni di antijuventini (compreso purtroppo qualche collega, taluni pure illustri) – è il coinvolgimento nelle indagini di Paratici e forse altri manager bianconeri, esclusi in un primo momento dall’inchiesta. E c’è ovviamente chi spera già in squalifiche, penalizzazioni e radiazioni, con inevitabili effetti sulla stagione in corso.

Non ho letto le carte (e penso che, come il sottoscritto, non l’abbia fatto neanche chi in queste ore millanta di conoscerle), non faccio l’avvocato e quindi non azzardo sentenze. Attendo, come tutti, la chiusura delle indagini e di capire di cosa potrebbero essere accusati i dirigenti juventini per (riporto testuale) “essersi attivati, anche ai massimi livelli istituzionali, per accelerare il riconoscimento della cittadinanza italiana nei confronti di Suarez”.  E per massimi livelli credo la Procura intenda uffici ministeriali o simili. Perché, dopo aver superato l’esame, sarebbe stato fondamentale ottenere in tempi brevi il passaporto italiano del giocatore, in modo da poterlo tesserare prima della chiusura delle liste.

A Paratici viene contestata la “falsa testimonianza” davanti al PM. In quale occasione non si sa, poiché nessuno era a conoscenza di una sua convocazione in Procura. Molto probabilmente l’avrebbe fatta attraverso gli avvocati del club, Chiappero e Turco, quando vennero ascoltati a Perugia. In quell’occasione avrebbe negato di aver chiesto una via preferenziale al Viminale, mentre ai giudici perugini risulta essersi rivolto alla ministra De Micheli, sua amica d’infanzia, proprio per velocizzare la pratica Suarez.

Un’accusa, quella rivolta al CFO Juve, per la quale vengono chiesti fino a 4 anni di pena. Non credo avverrà in questo caso, considerato che non c’è di mezzo un assassinio bensì la semplice richiesta di cittadinanza per un calciatore extracomunitario.

La Juventus – intesa come squadra – non credo possa rischiare qualcosa, e per un semplice ma logico motivo: Suarez non ha disputato con la maglia bianconera nemmeno un’amichevole. Il club non si è quindi avvalso dei suoi servigi professionali per ottenere vantaggi tecnici sul campo, non capisco quindi in ragione di cosa dovrebbe rischiare dei punti di penalizzazione in campionato, così come in Champions. Comprendo la speranza di tanti, ma mi pare destinata a restare tale.

Resta da capire se le pressioni esercitate per l’ottenimento di quel passaporto-speedy siano state accompagnate da atti di corruzione oppure no. Perché chiedere un piacere è lecito, pagarlo per ottenerlo per forza no.  La Procura perugina, mi pare, stia indagando proprio su questo aspetto. Ai plotoni di giustizialisti radunatisi in queste ore sul web è sufficiente la sola richiesta di un favore per spedire qualcuno alla gogna, ma in un Paese civile – seppur popolato da molti incivili – non avviene così.

Detto ciò, non do per scontato nulla, e aspetto  di capire come si siano realmente svolti i fatti. Dovessero emergere elementi che inchioderanno Paratici o altri dirigenti della Juventus alle loro responsabilità, non mi sottrarrò dal biasimare il loro comportamento. Già in precedenti articoli su questo argomento avevo stigmatizzato la superficialità e il pressapochismo con i quali era stato affrontato alla Juve questa vicenda Suarez, prendendomi un’inevitabile dose di improperi da parte di numerosi tifosi juventini.

Resto ugualmente dell’idea che il caso Suarez sia stato gestito molto male alla Continassa, già in sede di mercato: non puoi puntare su un giocatore extracomunitario dopo aver esaurito tutti i possibili slot nelle liste di tesseramento, essendo stato pure acquistato lo statunitense McKennie qualche settimana prima che si liberasse l’uruguagio dal Barça. Conoscendo le lungaggini della burocrazia italiana, normale che poi Paratici o altri possano aver pensato a qualche scorciatoia per ”italianizzarlo”. Credo, e mi auguro, in modo lecito.