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Spenta, senza mordente. Senza idee per rompere il fortino costruito dal Porto, senza l’ambizione di fare rientro a Torino con il sorriso stampato sulle labbra. È stata una Juventus fragile quella di ieri sera, incapace di trovare le giuste motivazioni in una serata che dovrebbe regalarne per storia e prestigio. Tutto è rimandato al 9 marzo e se la qualificazione ai quarti di Champions è ancora aperta, Pirlo deve ringraziare Federico Chiesa, incarnazione di tutto ciò che ieri è mancato a molti suoi compagni, ovvero personalità, carattere e fame.

CHIESA, CARATTERE DA VENDERE - C’è chi ha sbagliato passaggi elementari, chi dall’alto della sua magnificenza si è mostrato impalpabile e chi, semplicemente, non è pervenuto. C’è chi invece ha mostrato spirito e personalità, mordendo ogni pallone come se fosse l’ultimo della partita. Proprio come ha fatto Chiesa, l’uomo da 60 milioni di euro su cui c’era grande scetticismo ad inizio anno, mentre adesso è uno dei pochi uomini a lottare rabbiosamente per i colori sociali della maglia. Non che gli altri non lo facciano, sia chiaro, ma l’unico barlume di fame agonistica che avrebbe dovuto pervadere la Juve intera contro il Porto era rintracciabile solo nell’anima del classe 1997. Il gol sembra quasi dovuto, come premio al merito della sua caparbia applicazione. Da ammirare, poi, la sua evoluzione tattica nel corso della stagione: troppo testardo all’inizio, adesso più disciplinato nello spartito ideato da Pirlo, anche se quella cocciutaggine l’ha conservata nello spirito, nell’onorare di partita in partita la chance che la Juve gli ha concesso.

FLOP KULUSEVSKI Il rovescio della medaglia non può che essere rappresentato dalla prova di Dejan Kulusevski e in generale dal suo percorso in bianconero fino ad ora. Grossa premessa: stiamo parlando di un classe 2000 dal talento cristallino, tutto da crescere, a cui naturalmente non si può chiedere, come obbligo, di trascinare la Juve alla vittoria dei trofei. Ma un apporto diverso sì, era richiesto. Perché anche Chiesa è alla sua prima volta in una big, alla sua prima volta in Champions, condivide un percorso simile a quello dello svedese. Che ieri è stato impalpabile, all’ennesima prestazione insufficiente in un ruolo in cui inizialmente stupì con il gol all’esordio contro la Sampdoria, ma che progressivamente sembra stargli scomodo. Perché non spostarlo in fascia, ovvero dove si è esaltato l’anno scorso con il Parma? Semplice, perché nella sua zona di competenza c’è Chiesa, giocatore e uomo di carattere, a cui Pirlo non può rinunciare.