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Nel corso del suo documentario su Amazon Prime Video Federico Chiesa ha raccontato la sua riabilitazione (QUI la prima parte e QUI le parole dei medici). Questa la seconda parte delle sue parole: 

CORRERE – “Avevo paura di non riuscire a farlo, di come appoggiare la gamba. Poi non mi ha fatto male quindi mi sono detto che avrei potuto farlo anche domani. Mi sentivo storto però, pensavo di tendere a sinistra”.
 
MAGLIA NUMERO 7 – “Un onore vederla. Speriamo. Ho fatto con la 22 circa 20 gol. Ho giocato fino a novembre”.
 
DOLORE – “Davvero forte, quando devi prendere antiinfiammatori perché hai troppo male non ti svegli felice”.
 
CAMBIO DI DIREZIONE – “Mi fa paura perché mi sono fatto male in quella maniera lì. Nel mio ruolo sono fondamentali, li faccio decisi, esplosivi, forti, con cattiveria. Sono parte del mio dribbling”.
 
CAMBIO MAGLIA – “Ha capito subito che il cambio di maglia per me è stato molto importante. Avevo bisogno di qualcosa di nuovo, torno ma torno in maniera diversa: si spera più forte di prima. Il 10 dev essere il più forte tecnicamente, che in campo inventa la giocata dal nulla e che gioca spalle alla porta”.
 
FORTE DEI MARMI – “Le mie vacanze estive, i miei amici, tante prime volte qui che è un posto speciale”.
 
CAMPETTO DOVE GIOCAVO DA PICCOLO – “Il calcio per me era tutto, la mattina giocavo in quel campetto e poi andavo ad allenarmi. Nel percorso riabilitativo è stato un ricordarsi da dove sono partito, cosa facevo quando non ero Federico Chiesa, non avevo tutto quello che ho adesso ed ero solo un ragazzino con un sogno nel cassetto”.
 
STAMPELLE – “Quando mi portava l’autista e avevo le stampelle pensavo che non sarebbe passato più, invece sono gia qua che metto le scarpette. Il lavoro è stato di tutti. Ho capito che c’era sintonia con il fisioterapista quando il giorno dopo che siamo usciti dal Mondiale e mi hai rimandato a casa perché non c’ero con la testa”.
 
260 GIORNI DOPO – “Mi sento bene fisicamente, non ho mai avuto un infortunio cosi lungo, ora aspetto solo l’ok per tornare in campo”.
 
IMMAGINE INFORTUNIO – “Rientrare in campo per provare e accorgermi che non potevo. Lì è stato il momento peggiore che mi fa un po’ rabbia verso me stesso o l’evento in sé. Non ha colpe nessuno, nel calcio succede”.
 
PENSIERI – “Ho pensato a me in mezzo al campo da solo, di notte, le luci dello Stadium. Ero con il petto in fuori, sicuro. Una bella sensazione, sembrava un concetto di libertà, entrare in campo senza pensare a niente e nessuno”.
 
PRIMO TORELLO – “Divertente, ti diverti a non farla prendere a quelli nel mezzo. Mi sentivo talmente parte del gioco che non ho pensato all’infortunio”.
 
RIENTRO – “Ho due pensieri: andrà tutto bene? E ho fatto tutto quello che potevo fare per tornare ai miei livelli?”