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Diciamocelo: alla fine è il giocatore, nella prima parte della stagione che è mancato di più. E non è la prima volta. Ma i troppi infortuni avevano quasi indotto a un certa rassegnazione a farne a meno. E invece proprio la sua mancanza è forse la causa principale delle incertezze di Bonucci, dei buchi difensivi in area di rigore, di troppi sbandamenti. Sì, perché Chiellini non è stato (non è) solo quel grande lottatore mai domo, uno dei migliori difensori al mondo della sua generazione, ma rappresenta anche la bussola di tutta la squadra. Quando non c’è si vede e si sente. Lo sentono i suoi compagni, l’allenatore, i tifosi. Sì: bussola tattica e caratteriale.

Forse la Juve se n'è accorta tardi, forse sarà difficile sostituire questo calciatore così antico, per grinta, abnegazione, carattere e così moderno per intelligenza e lucidità. E’ inutile ripetere i numeri della sua carriera, le due lauree, la sua proverbiale capacità di unire schiettezza e acume nelle dichiarazioni, concretezza e generosità sul campo. Ne parliamo, ve ne sarete accorti, con un certo rimpianto anche se lui lo vediamo ancora lì, a bordo campo, con la pettorina gialla, pronto a sdrammatizzare e a incoraggiare, perché sentiamo (speriamo di sbagliarci) che questo sarà l’ultimo anno “giocato” dal capitano. Gli infortuni ormai sono troppo numerosi e troppo ravvicinati per ipotizzare un reale ritorno in campo.

Ma anche fuori dal rettangolo di gioco, Chiellini sarà necessario alla Juventus. Il più fedele (più dello stesso Buffon), il più continuo, equilibrato e rassicurante giocatore degli ultimi anni juventini servirà alla squadra. Mazzarri disse che era “il giocatore universale desiderato da qualsiasi allenatore”. Pensiamo che sarà il dirigente desiderato da qualsiasi presidente juventino (e non).