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Poi è arrivato Rocco Commisso e s’è portato con sé tutto ciò che Juventus-Fiorentina aveva da raccontare. Compreso quello che è successo ormai a ridosso del novantesimo: esce Adrien Rabiot tra gli applausi meritati, entra Blaise Matuidi sotto i fischi. I fischi. Ingiusti, per quanto si possa essere in contrasto con la sua titolarità fissa. “Per i motivi che tutti sappiamo”, spiegava Maurizio Sarri alla vigilia del match con la Fiorentina. Al netto di gusti ed equilibri tattici, stride in ogni caso la polemica che si sta levando contro Matuidi, sui social prima e infine anche allo Stadium. Perché Matuidi è pur sempre un campionissimo, un leader, un vincente. E al di là di questo è il principe dei gregari di questa Juve piena di primedonne, esempio di spirito di sacrificio e lavoro sporco. Quei fischi fanno male e sono sbagliati, forse. Sicuramente sono in contrasto con la storia della Juve.

LA STORIA - Fatta di successi e di fuoriclasse. Tenuti insieme da fenomeni nell’arte del portare l’acqua. “Fumo? Sì, l’importante è che non fumi Bonini”, parole e musica di Michel Platini. E poi via da Furino a Conte, la Juve ha sempre avuto un posto centrale ai gregari, fondamentali, imprescindibili. La Juve di Sarri deve essere diversa, ma se è arrivata fin qui è anche per merito di quelli come Matuidi. Che può non piacere, ma merita rispetto. I fischi, le contestazioni social, dovrebbero essere rivolti a chi non onora la maglia, a chi non si impegna, a chi alza bandiera bianca. Matuidi non li merita. Al di là del fatto che possa o meno meritarsi una maglia da titolare, che abbia piedi educati o meno per sarrismi o tikitaka. La sconfitta di Napoli è (anche) colpa sua? Vero. Ma quante volte ha tirato la carretta? Abbastanza per meritarsi rispetto.