commenta
Ieri sera il Parma è tornato in Serie A. Questo pomeriggio Gigi Buffon ha indossato per l’ultima volta la maglia della Juventus. Il destino talvolta invia dei segnali i quali, se letti e interpretati in modo corretto, potrebbero possedere un significato che supera l’occasionalità degli eventi strettamente di cronaca. Proprio come in questo caso.

Ho letto un paio di volte la lettera che il portiere più forte degli ultimi anni per il calcio contemporaneo ha pensato di scrivere e di inviare a tutti i tifosi bianconeri. Un’esternazione per certi tratti struggente e persino commovente soprattutto perché autentica e sentita da parte del suo autore. Una dichiarazione di amore che rivela, in ogni caso e al di là di tutte le battute o battutacce di coloro per i quali il gioco del calcio è solo motivo di guerra, grande umanità e gentilezza di animo. Oggi le parole “grazie” e “per favore” sono diventate un optional in disuso. Buffon le usa, con semplicità e senza retorica. Chapeau.

Una lettera che possiede il tono e la scansione metrica di una favola scritta per i bambini. E bambini, quando si tratta di pallone, lo siamo un po’ tutti. Sicchè ciascuno di noi, almeno lo spero, è ancora  in grado di credere nelle fiabe e nella loro potenza magica in grado di trasfigurare la realtà. Anche soltanto poter immaginare che possano accadere fatti apparentemente “assurdi” o “illogici” per la fredda ragione può fare bene al cuore e concedere un senso di allegra follia al nostro quotidiano infarcito da bocconi troppo amari e pesanti. Credere nella possibilità di ciò che sembrerebbe impossibile può aiutare a vivere, dunque.

E allora voglio provare a immaginare che Gigi Buffon, nelle ore che seguiranno il suo addio alla Juventus e a Torino, possa trovare il coraggio di infilarsi dei tappi nelle orecchie per non ascoltare il canto delle sirene che arriva da Parigi, da Londra o da qualche angolo dell’Europa e tenga conto soltanto della voce del cuore che lui ha dimostrato di possedere bello e grande. Il ritorno del Parma nel campionato che conta dovrebbe suggerirgli qualche cosa. L’ennesima “follia” positiva, certamente meno ricca e lucrosa di tante altre a sua disposizione, ma talmente fiabesca da essere presa in considerazione.

Proprio a Parma quello che sarebbe diventato il campione indiscusso del nostro calcio mosse i primi passi verso il pianeta degli eroi dove avrebbe trovato posto. Aveva tredici anni e pendolava da Carrara alla città Ducale.  Poi, con addosso quella maglia “provinciale”, divenne ciò che il destino aveva costruito per lui. Un autentico fuoriclasse. E, insieme con altri due grandi come Thuram e Cannavaro, approdò alla Juventus anche se il Parma degli Anni Novanta non era cosa da poco.

Ora Buffon saluta la Juve che definisce, giustamente, la sua “casa” e pare si stia preparando per andare a giocare all’estero. Non più protagonista di una favola, ma uno dei tanti che cedono al richiamo del denaro. Eppure lui non solo appartiene al calcio italiano, ma ne rappresenta un simbolo per ceri versi insostituibile soprattutto per giovani e bambini che lo hanno eletto a cavaliere senza macchia e senza paura. Non solo, un modello e un prezioso valore aggiunto per l’intero movimento.

Ebbene su Buffon, prima di prendere una decisione definitiva, ragionasse e meditasse con calma sull’opportunità di un ritorno alle origini (come “maestro” e non necessariamente come portiere) in quel Parma che lo ha allevato così bene ebbene io credo che il “nuovo libro” annunciato da lui stesso potrebbe essere una stupenda favola per giovani e per vecchi bambini. Un sogno? Quasi certamente sì. Ma sognare non è peccato.