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"Il professionismo? Un punto di partenza". La voce squillante, piena di vita. Sofia Cantore attaccante di 22 anni del Sassuolo ma di proprietà della Juventus. La giocatrice ora è ai box per un infortunio subito in Algarve Cup con la Nazionale. Un viaggio tra i sogni futuri, quelli infranti e la realtà della gara di sabato alle 14.30 tra Juventus e Sassuolo. In mezzo l'amicizia speciale che la lega ad Arianna Caruso e Benedetta Glionna.

Ciao Sofia, come stai e come prosegue il recupero? 


“Sto bene, il recupero prosegue molto bene. Sto facendo riabilitazione al JMedical, sono passati due mesi e mezzo. Sono contenta perché la caviglia risponde bene. Sono verso la fine del percorso: sto iniziando a correre e fare i salti, è andato tutto liscio fortunatamente”.

Dalla prossima stagione sarete professioniste, un grande traguardo o un punto di partenza? 

“Secondo me un punto di partenza. Sono molto felice perché poter dire che essere una calciatrice è il mio lavoro è sempre stato il mio sogno. Ci sono ancora degli aspetti da definire e sono curiosa di capire ciò che effettivamente sarà. Il mio timore è che per alcune società sia economicamente insostenibile, ma lo vedremo in futuro”.

Sotto ai post che parlavano di professionismo c’erano molti commenti negativi. Che effetto ti fa leggerli e come risponderesti? 

“Non nego che mi fanno sempre rimanere un po’ male. Ad un certo punto ho pensato di fare degli screen e metterli nelle mie storie. Penso però che a persone che fanno commenti del genere non si debba rispondere. Aspettano solo una reazione ed è meglio non reagire. Purtroppo questo continuerà, spero però che la gente prima o poi capisca quello che effettivamente sarà il professionismo per noi”.

Sabato il Sassuolo affronterà la Juventus. Che effetto ti farà essere sugli spalti?

Mi dispiacerà non esserci. Sono le partite più belle del campionato e una giocatrice vuole sempre giocarle. Cercherò di stare il più possibile vicina alle mie compagne ma so che faranno il massimo per riuscire e portare a casa la partita”.

Come hai reagito di fronte ad un altro infortunio grave? 

“Sono sincera, dopo che mi hanno detto l’iter di guarigione mi sono tranquillizzata. Subito ero preoccupata ma non volevo fasciarmi la testa. Ero triste ed arrabbiata ma penso che quando una cosa succede vada accettata e si debba andare avanti subito. Dall’infortunio al crociato ho capito tante cose: ci vogliono 6-8 mesi a recuperare e altre stagioni per rientrare in condizione, questo mi è parso meno grave nonostante mi fossi rotta un osso e un legamento. Dopo tre mesi però torni subito ad usare il pallone e a correre. Ho pensato che essendo più breve potesse essere più semplice a livello mentale affrontare il tutto”.

E a non poter aiutare le tue compagne?

“Penso sia la cosa che mi è dispiaciuta di più. Ero contenta della mia stagione personale ma anche del Sassuolo. Abbiamo iniziato la stagione senza aspettative e ci siamo ritrovate al secondo posto. Eravamo in lotta con la Roma. Un bel gruppo, un bello staff ed eravamo arrivate dove nessuno si aspettava. Non finire la stagione mi è dispiaciuto perché credo che avrei potuto imparare ancora, crescere e migliorare ulteriormente. Mi dispiace anche non potermi vivere le mie compagne perché facendo la riabilitazione a Torino riesco soltanto ad andare a vedere le partite in casa”.


Avevi già saltato l’Europeo per la rottura del crociato, ora un altro infortunio. Che effetto fa doverne saltare un altro?

Sensazione diversa. Se fossi stata convocata al pre europeo mi sarei dovuta giocare le mie carte per poterci arrivare. Non era scontato. Durante la stagione pensavo a quel sogno e obiettivo. Lavoravo anche un po’ per raggiungerlo. Quando mi hanno detto che mi ero rotta il perone ho archiviato il sogno perché sapevo che sarebbe stato molto difficile recuperare per tempo. Con il crociato era un europeo con le giovanili e mi era dispiaciuto tantissimo. Sta volta non ho nemmeno la possibilità di giocarmi le mie carte e mi dispiace ancora di più. Avrei dato tutto per farmi convocare ma purtroppo non potrò”.

Mondiale nel mirino? 

“Dopo che salto l’Europeo il Mondiale è un sogno enorme. Non voglio più pensare troppo a qualcosa. Credo fortemente che tutto accada per una ragione e penso che sia successo perché in quel momento stavo vivendo il calcio in maniera quasi ossessiva. Non vedevo mai il bicchiere mezzo pieno perché pretendevo sempre più da me stessa, ero sempre focalizzata sul futuro. Questo infortunio mi sta insegnando che devo cambiare punto di vista e viverla con serenità. Certo si deve sognare, però non troppo”.

Come hai vissuto la separazione da Benedetta Glionna?

“Mi è dispiaciuto tanto. Ho realizzato che con il suo passaggio alla Roma le nostre strade difficilmente si sarebbero incrociate di nuovo a breve. Con Benny ho un legame che va oltre tutto: anche se ora siamo lontane e ci vediamo poco io so che lei c’è e ci sarà. Mi dispiace perché avrei voluto viverla di più sicuramente però il legame va oltre tutto”.

Ci racconti il tuo primo incontro con Caruso?

“C’è stato un raduno di 64 ragazze a Coverciano, avevo credo 15 anni. Il tecnico era Enrico Sbardella. La prima volta che ho visto Caruso è stato questo evento. Io non avevo mai fatto un raduno della nazionale e nemmeno Benny. Arrivate a Coverciano eravamo imbarazzatissime perché non conoscevamo nessuno. Mi ricordo che avevamo visto Caru che parlava con Santoro e altre ragazze. La prima impressione era che fosse davvero antipatica. Non mi ricordo poi bene come siamo diventate amiche, penso che sia partito da Benny che aveva giocato in squadra con lei. Quando poi siamo arrivate a Torino abbiamo vissuto un anno a convitto insieme e un anno in casa. Il primo anno in convitto addirittura vivevamo nella stessa camera”.

Aneddoto su Caruso 

“Lei e Benny adorano farmi gli scherzi, sono sempre io il capro espiatorio (ride ndr). Il primo anno alla Juve, ad inizio stagione avevamo talmente tanto rispetto verso le grandi da avere quasi paura. All’inizio mi ricordo che eravamo in convitto e c’era anche Gama che ancora non aveva casa. Io ero in camera e Caruso con Glionna scendono a prendere i cereali prima di andare a dormire, quando salgono mi iniziano a dire che avevano incontrato Sara sotto che le aveva sgridate per i cereali, era molto arrabbiata ed effettivamente ci avevano messo tanto a salire. Poi mi hanno detto che non era contenta di come ci stessimo allenando, di ciò che stavamo facendo. Io mi sono spaventata e sono scoppiata a piangere perché non capivo in cosa sbagliassi, cosa potessi fare di più. Poi mi hanno detto che era uno scherzo”.

Ci racconti la prima volta che sei entrata nello spogliatoio della Juventus?

“Come prima parola ti direi ammirazione. Quando ho capito che carriera avessero fatto. Io arrivavo dalla Serie C e il calcio femminile non era ancora così seguito. Alcune giocatrici non le conoscevo eppure erano Rosucci, Bonansea, Gama, Salvai. Quando poi ho capito che erano le giocatrici del Brescia che io ogni tanto andavo a vedere ho iniziato ad ammirarle. Però c’è sempre stato quel timore, rispetto verso di loro che erano più grandi. È una cosa che loro dicono sempre ancora adesso”.

Dall’anno prossimo la Serie A cambierà format. Cosa ne pensi?

“Inizialmente ero scettica perché cambiava quello che è il campionato tradizionale. Mi dispiaceva cambiare. Ora sono contenta perché ci sono più partite, secondo me è un modo di dare maggiore spazio alle giovani. Giocando più partite devi avere una rosa più ampia, giocare di più ci aiuta a crescere, ma aiuterà anche il movimento secondo me”.

Chi toglieresti sabato alla Juve e perché? 

“Toglierei Caruso, perchè ha giocato bene anche contro il Milan in Coppa Italia, è andata a segno ed è fondamentale per il centrocampo”.