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A L'Osservatorio Romano, Mauro German Camoranesi ha parlato di Juve. Passato, presente e - chissà - anche qualcosina sul futuro. 

FUTURO - "Sono arrivato settimana scorsa, sono arrivato a pagare (ride, ndr). A sistemare un po' di cose. Ho smesso la mia avventura in Slovenia poche settimane fa, ora sono sempre in giro. Questo mestiere è così: ci sono tempi morti, tanti allenatori in giro e poche squadre. Bisogna abituarsi e aspettare". 

TECNICA - "Sono cambiato? Ora faccio fatica, la tecnica non si perde, ma le partitine le faccio ogni tanto, così come mi alleno ogni tanto con i calciatori. Mi diverto! Il corpo però risponde poco alla testa". 

L'ANNO IN SERIE B - "Diventato un anno speciale, per tanti di noi c'è stato un prima e un dopo. C'è poi chi è rimasto a vivere momenti belli, ma quell'anno ha spaccato la carriera di tanti giocatori. Anno positivo, però. Bello. Sono passati 15 anni, tante cose molto belle: la Juve in pochi anni è tornata ciò che era prima, dimostrando che si trattasse di un solo anno. La Juve ha sempre dimostrato di sapersi risollevare, di ricostruirsi. Un aneddoto? Un anno particolare sotto ogni punto di vista. Sono arrivati tanti giocatori nuovi, hanno portato un po' d'aria fresca. Anche l'allenatore: Didier, indimenticabile. Poi ha dimostrato il suo valore, oggi è campione del mondo. Grande fortuna lavorare con loro. All'inizio c'era un po' di incertezza, ero molto triste, molto deluso: arrivare a giocare alla Juventus, per chi arriva da un percorso difficile come il mio, erano 10 anni buttati nel cesso. Ritornare indietro di colpo non era bello. Poi si è rivelato bello: alla fine, ancora oggi, la gente riconosce lo sforzo. Ti riconosce per la strada tutto ciò che significò per il tifoso". 

DA CAMPIONI DEL MONDO - "Era un po' sconcertante, era strano. Tante chiacchiere, tante riunioni. 'Tu cosa fai? Cosa si può fare? Cosa succederà?'. I discorsi sulle penalizzazioni, poi. Dinamiche interne particolari". 

TREZEGUET - "L'ho visto l'altra sera, con Del Piero non ci vediamo da un po'. Ricordi positivi con loro, che erano famosi quando io ero piccolo. Spero che in qualche modo possano tornare nel mondo del calcio. Trezeguet è diventato un amico: sono entrato negli spogliatoi della Juventus sapendo che c'erano un po' di ragazzi sudamericani e che c'era di questa specie di argentino, come me. Per le nostre personalità ci abbiamo messo un po' a legare, non me ne fregava della lingua e oggi sono felice di chiamarlo mio amico". 

BUFFON - "Immagino continuerà, ho visto le immagini di settimana scorsa e l'ho visto bene. Ne ha 43, sta bene e ha voglia. Finché i giovani non dimostrano che sono meglio di lui, giusto che continui".

JUVE-INTER - "Perché c'è sempre caos? Molte volte il tuo avversario riconosce, anche prima di entrare in campo, il tuo valore. C'è stato un periodo in cui la nostra squadra era così: sentivi il rispetto nei tuoi confronti. Ti guardavano sapendo che sarebbe stata molto difficile batterti. La tensione? Meglio se ci sono polemiche. Meglio per tutti, per lo spettacolo. L'arbitro ha dovuto prendere decisioni difficili. Cuadrado? Fa un gioco per entrare all'interno, è furbizia: non cambi direzione in 10 centimetri se l'arbitro ci casca allora va bene...". 
 

UNA JUVE COSI' - "Sopravvalutata? Quella dell'anno scorso è diversa da questa. Nelle prime giornate che ho visto, quella a Roma ad esempio, si vede un'idea particolare. Una squadra alta, protagonista nel campo avversario. Ma dev'essere giovane e veloce, cosa che non è stata. Ha i giocatori tra i migliori al mondo, ma con difficoltà fisiche. Quello che abbiamo intravisto nelle prime partite era una Juve in grado di palleggiare: hanno cambiato tante volte, c'è stato un continuo ricercare stile di gioco". 

CENTROCAMPISTI - "La Juve è una squadra in cui ci sono tanti giocatori nuovi. Anno di transizione, per me: ci sono tanti giocatori nuovi, di gran valore, ma anche giocatori esperti e con aspettative. Un allenatore nuovo alla ricerca di un'idea: è difficile amalgamare, far innescare la scintilla per far funzionare tutto. Chiesa ad esempio ha avuto subito un impatto positivo, altri ci hanno messo di più, altri solo a sprazzi. Non ha trovato l'undici ideale. La continuità. L'ha detto pure Buffon: puoi perdere tutti i derby e vincere comunque, il problema è perdere punti contro le piccole squadre". 

L'INTER - "Mi sembrava la squadra più quotata a battere la Juve. Aveva tenuto botta, nel momento decisivo non aveva la rosa per continuare. Ma la base è giusta: giovani con gente di esperienza. Bastavano 3-4 giocatori per una squadra solida, con un allenatore solido. Non è che loro vincono, è che tu perdi". 

CHAMPIONS LEAGUE - "Quante possibilità? Vorrei dirti tante, ma... non sono convinto. Secondo me poche. Sì, dipende dalla Juve: facendo i calcoli ci sono tante chance. Il Milan può pure vincere. La Juve può vincere, certo, ma anche non vincere. Sembra una frase del cavolo ma non hai certezza da parte del Milan e della Juve. Le motivazioni dovrebbero far sì che la Juventus possa vincere a Bologna. L'obbligo di vincere non è per tutti, non è semplice. Il Cagliari ieri ha festeggiato prima della partita e hanno fatto una prestazione liberi di testa... Quanto incide la Coppa Italia? La Juve ha due partite per il tutto per tutto, la stagione è finita, non ci sono conti da fare. Cinque milioni di euro in più al secondo posto? Sono tanti. Dopo il lockdown sono tanti". 

IL VAR - "Sono un po' ignorantello... l'abbiamo visto nel corso da allenatori. Ma ho un vuoto: non riesco a chiamare quand'è che ti chiamano? E poi perché? E poi perché no? Ci sono le spiegazioni bellissime. Il rigore di De Ligt su Lautaro? Sì, secondo me è un rigore. Ora non c'è il discorso sulla volontarietà. Se uno riceve un pallone lungo, io guardo il difensore e ti prendo, non c'è la volontarietà: si discute il fallo, che c'è, e si fischia il rigore. Il pestone, da tanti anni, Fifa vuole che sia giallo e fallo. Anche se uno cerca il pallone... Si fa un po' fatica, poi le regole cambiano di continuo e bisogna interpretarle. Il Var mi complica la vita. Mi piace il fatto che esista, risolve tanti problemi, come i fuorigioco per centimetri. Ma credo sia giusto: se sei oltre, il gol non è valido. E' per entrambe le squadre. Anche rivedere le immagini è giusto. Il calcio ne aveva bisogno. Da mettere a punto e da spiegare alla gente". 

ANNO DI TRANSIZIONE - "Quello che conta sono i giocatori. L'allenatore incide fino a un certo punto. Se guardo gli ultimi 50 campionati italiani, conta sempre il giocatore. Secondo me hanno la miglior rosa della A, alla pari dell'Inter. Cosa ti deve dire il tecnico? Tu che arrivi e hai dimostrato, cosa ti deve dire? Ci devi mettere pure del tuo. Se sei arrivato fino a qui vuol dire che fai qualcosa di diverso rispetto al 90% del campionato italiano. Non ti deve dire nulla: se sei diverso, fai qualcosa di diverso: Altrimenti sei nella media". 

SPOGLIATOIO - "Sono stato per 20 anni in uno spogliatoio, posso immaginare ci siano certe dinamiche. Allenatore e dirigenza provano a procurare il minor numero di incidenti e allora sì, c'è la gestione da fare. Se non trovi la quadra con i risultati è probabile che l'idea generale si perda. Se l'allenatore pensa alla sua comodità, e l'ho vissuto, è possibile che emani energie negative. Non credo sia questo il caso. Ma è un anno particolare da tutti i punti di vista". 

SU PIRLO - "Se guardo le partite, vedo che la squadra recepisce poco. Non perché gli voglia bene, ma assolvo assolutamente Pirlo. Ha ereditato la migliore squadra d'Italia, la migliore rosa, ma in un percorso di due cambiamenti in due anni. Se sei stato annunciato da tecnico dell'Under 23 e poi vai in prima squadra, nel mezzo è successo qualcosa". 

GIOCARE SENZA PUBBLICO - "Quanto incide? Facilita ad alcuni, danneggia altri. Non è bello. Siamo abituati a sentire la presenza dell'altro, al pubblico piace e siamo tutti penalizzati. E' ambiguo: certe squadre a Torino venivano a non perdere, ora vanno e se la giocano. Non c'è pubblico a intimorire. E succede lo stesso per la squadra di casa, che non ha il pubblico ad aiutare. La Juve ora senza pubblico può avere un vantaggio, sempre meglio di 40mila persone che ti fischiano. Ma danneggia le big perché sembrano allenamenti. Chi ha dichiarato 'la Juve non fa paura'? Una provocazione. Non so chi l'ha detto, ma chi l'ha detto ha fatto meno punti della Juve". 

SERIE B - "Giusto togliere gli scudetti? Non m'interessa, non lo so, decidono gli enti responsabili. A livello sportivo, ci sono le partite da rivedere. Faccio fatica a tornare indietro. Due anni dopo voltai pagina, era finita. Io personalmente l'ho vissuto male. Arrivare a quei livelli lì, si fa fatica. Sei scelto. In 10 anni ci passano 100 giocatori qui, non 1000. Aver fatto parte di questa squadra e poi andare in B, che ho fatto al dovuto momento, non mi dava più voglia. Andava bene a 23 anni, ma una volta che hai dimostrato... cavolo, me l'ero guadagnato! L'ho sofferta tanto, poi è scivolato via". 

MONDIALE - "Cos'ho vissuto? Gioia, serenità. Proprio sollievo. Il mio percorso è sempre stato diverso dagli altri giocatori, nato e cresciuto in Argentina e decido di rappresentare l'Italia tra le polemiche. Ero parte di un gruppo, di una Nazione, un paese che mi ha adottato. Ogni volta io dovevo uscire con la maglia sudata per dimostrare l'attaccamento al gesto che l'Italia aveva avuto nei miei confronti. Era dire: ce l'hai fatta! Nessuno potrà dire che non ti sei spaccato per questa maglia. L'emozione poi di vedere i miei in tribuna, ripensare ai sacrifici per l'obiettivo. Gli amici. I compagni. Quando vedi i giocatori vicini capisci che è una persona come gli altri. Una cosa indescrivibile e me la godo di più oggi, che non penso più ad altri obiettivi. Ho ancora la pelle d'oca. Me lo godo molto di più rispetto a quell'anno lì. Il codino? Menomale me l'hanno tagliato!".

FUTURO - "Finiscono i campionati e arrivano le possibilità. Abbiamo fatto un grande lavoro, il calcio è anche politica ma la squadra è ancora prima. Questione di aspettare, speriamo a breve".