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Una puntatina a Cagliari fa sempre piacere. Aragostine belle fresche e ricci profumati, con vermentino della Gallura, a seguire l’antipasto calcistico proposto dalla sfida tra gli isolani e la Juventus è un programmino niente male. Poi tutti in Portogallo per gustare quel vinello liquoroso che se preso in giuste dosi mette allegria senza confondere. Menù ricco e goloso, insomma, per il popolo bianconero. Il tutto immerso in una “boule” di ricordi perlopiù gradevoli. Tranne uno.

L’avvocato Gianni Agnelli quando parlava della sua passione per il mare e le traversate in barca sottolineava quanto amasse quella particolare solitudine che gli permetteva di poter dialogare con uno del pochi “compagni di viaggio” degno della sua stima. Il vento. E la ragione di tale complicità era dettata dal fatto che, erano parole sue, “se esiste una cosa che non potrò mai permettermi il lusso di comperare è proprio il vento”. Tutto il resto l’Avvocato poteva permetterselo. Calciatori compresi, soprattutto se campioni.

La storia del pallone è composta anche da favole. Merce molto rara dispensata con il contagocce dal destino. Ogni tanto può accadere che la legge del più potente, in quanto a danè e prestigio, debba farsi di lato e cedere il passo al teorema del più meritevole perché più forte seppure occasionalmente. Eventi che, come si dice, fanno bene al calcio e che permettono di fare festa grande anche a coloro che solitamente sino costretti alla finestra per guardare i soliti noti banchettare e divertirsi. Una di queste favole venne scritta e rappresentata nell’isola di gente fiera e tosta da protagonisti altrettanto fieri e tosti. Quarantasette anni fa, era il 1970, il Cagliari del presidente Efisio Corrias metteva tutti in riga e vinceva il suo primo e unico scudetto nello stadio che si chiamava Amsicora.

Il popolo sardo ancora oggi rammenta ogni piccolo dettaglio di quella cavalcata trionfale, destinazione paradiso, realizzata da cavalieri celebri e mitizzati al pari di quelli di Artù. E se Manlio Scopigno fu il Mago Merlino di quella favolosa banda, bello e gagliardo e potente come Lancillotto fu Luigi Riva da Leggiuno sintetizzato anche graficamente come “Giggirriva” dai sardi e ribattezzato “Rombo di tuono” da Gianni Brera. Prima di Zoff e insieme con Zoff uno fra i personaggio del calcio meritevoli di onore soprattutto per il loro essere riusciti a vivere da “persone” mantenendo intatta la loro dignità di uomini. Il mondo da loro frequentato e per il quale sacrificarono anima e gambe non li ha mai ripagati in misura adeguata. Potrebbero e anzi avrebbero dovuto trovarsi, per meriti e capacità, al vertice del calcio. Troppo intellettualmente onesti per essere accettati nella stanza dei bottoni dove la prevalenza è quella dei furbetti. Zoff passa il tempo giocando a golf in un circolo romano. Gigi Riva ha sostituito la passione per il green con lunghe e solitarie passeggiate davanti al mare.

Bene. Per l’avvocato Gianni Agnelli e per il presidente della Juventus Giampiero Boniperti la figura del leggendario bomber è stata rapportabile a quella del vento. La prima delle due sole clamorose “sconfitte” che il vertice bianconero ebbe a dover registrare. La seconda, successiva, fu marchiata dal “no” di Giancarlo  Antognoni che per la Juve fu come l’uva per la volpe esopica. La prima ancora più briciante. Quando il presidente della Fiat aveva incaricato il fedele Giampiero di andare a Cagliari e di tornare a Torino con un nuovo contratto firmato mai avrebbe potuto immaginare che un calciatore potesse rifiutare di trasferirsi nella squadra più celebre e vincente d’Italia. C’è chi avrebbe atto carte false pur di arrivare a tagliare quel traguardo professionale. Gigi Riva no. Incredulo, l’Avvocato scese di persona nell’isola e si fece “mediare” dal suo amico Aga Kan invitando il bomber ad una cena da favola. Niente da fare. Né la Juventus e nessuna altra squadra. Il “rombo di tuono” avrebbe fatto sentire tutta la sua fragorosa potenza soltanto a Cagliari e per sempre. Per gli altri sarebbe rimasto in incubo. Soprattutto per Boniperti e per Agnelli.