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Antonio Cabrini ha fatto la storia della Juve e dell'Italia. E in occasione del suo sessantesimo compleanno l'ex difensore si racconta alle pagine di Repubblica, in un'intervista bellissima, priva di quelle risposte prestampate che troppo spesso vanno a svilire domande interessanti. Cabrini si racconta in toto, sincero e vero. 

IL TEMPO - "Non è immobile, anche se ogni tanto un bambino mi chiede di fare la foto, avrà visto le mie partite su YouTube. Ma il tempo scorre. A vent'anni fai le cose e basta, a trenta conti fino a 10 e poi le fai, a quaranta conti fino a 100 e le fai comunque, a 50 ti chiedi se sia stato giusto farle, a 60 non ci pensi più". 

LA BELLEZZA - "È qualcosa di ricevuto senza alcun merito. Mai pensato di essere bello, ma quando poi tutte le ragazzine cominciano a dirtelo sempre alla fine ci credi davvero. E alla fine essere bello mi è pure servito. Per farmi sembrare più bravo? No, spero di no. Anzi, mi diede fastdio quando Brera mi soprannominà il Bell'Antonio. Non potevo cancellarla, così l'ho cavalcata e sono stato il primo calciatore italiano a fare pubblicità". 

LE DONNE - "Ho sempre saputo gestire, fermarmi. Poteva arrivare anche miss mondo nuda, ma se c'era la partita non la guardavo neppure. Mi tiravano l'oro come se fossi un santo. Un pomeriggio a Campobasso, nei 50 metri tra il pullman della Juve e l'albergo mi hanno levato quasi tutti i vestiti di dosso, ci saranno state tremila persone. Le donne lanciavano pure gli slip. Paolo dice che a terra c'erano manciate d'oro".

CALCIO FEMMINILE - "Va tutto benissimo, il movimento è in crescita, tra cinque anni raggiungeremo le nazioni più evolute,  è cresciuto il rispetto. Quella bestialità sessista che scappò di bocca al dirigente non sarebbe più possibile, sono sicuro. E poi si è capito che il calcio non fa venire le gambe storte! Quelle, se le hai già te le tieni, ma più storte non diventano".