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Lunedì scorso Ivano Bordon ha compiuto 70 anni, di cui buona parte passati al fianco di Marcello Lippi come preparatore dei portieri delle sue squadre. Prima alla Juve, poi all'Inter prima del ritorno in bianconero e infine in Nazionale. Con tanto di Mondiale 2006 in bacheca, il secondo nella carriera di Bordon: "Nel 1982 l'ho vissuto da protagonista come calciatore" racconta nella nostra intervista l'ex portiere che all'epoca fu il vice Zoff. Compleanno nostalgico quello dell'altro giorno, tra pochi intimi causa Covid: "Ho riletto una mia vecchia intervista al Guerin Sportivo che mi aveva mandato Oriali". Ex compagni ai tempi dell'Inter, dove Bordon ha giocato dal 1969 al 1983.

Partiamo dalla fine: che emozione è stata vincere il Mondiale del 2006?
"Una grandissima soddisfazione. Allenamento dopo allenamento sentivamo che si stava creando un'atmosfera positiva, e con i tre portieri Buffon, Peruzzi e Amelia ho lavorato molto bene".

In quei giorni si è creata un'atmosfera positiva, ma l'Italia è andata a quel Mondiale tra mille polemiche legate alla vicenda Calciopoli.
"L'Italia si affaccia a ogni competizione con qualche polemica. Lippi però è stato bravo a fare da parafulmine per la squadra attirando su di sé tutti i problemi esterni".

Quando avete capito che ce l'avreste fatta?
"Dopo aver superato il girone senza difficoltà, la consapevolezza è arrivata nell'ottavo di finale contro l'Australia vinto all'ultimo minuto. Lì non si stava mettendo bene, poi si è capovolto tutto in un attimo".

E quando avete saputo che dovevate affrontare di nuovo la Francia?
"Sapevamo che non sarebbe stata una partita facile, diciamo che l'espulsione di Zidane ci ha dato una mano".

In che modo ha preparato Buffon sui calci di rigore?
"Abbiamo pensato a chi potessero essere i cinque giocatori ad andare sul dischetto in caso di parità ai supplementari, abbiamo guardato filmati su filmati per studiare i possibili rigoristi nei minimi particolari".

Lei come li ha vissuti dalla panchina?
"Diciamo non benissimo. E' una sensazione che mi rimarrà dentro per sempre. Li ho guardati tutti, dal primo all'ultimo. Sperando ogni volta in un loro errore".

Ci racconta un aneddoto di quei giorni?
"Prima del debutto contro il Ghana feci un pronostico, dissi a Lippi che avremmo vinto 2-0. E così è stato. Poi l'ho ripetuto alla vigilia della gara con la Repubblica Ceca: e anche in quel caso, 2-0. Dopo la seconda volta scoppiarono tutti a ridere, mi chiesero se le avessi già viste".

Com'è nata l'amicizia con Marcello Lippi?
"Nel 1974 ero all'Inter che per andare in tournée in Messico chiese tre giocatori in prestito alla Sampdoria, e uno dei tre era proprio Marcello. Poi ci siamo ritrovati in Sardegna perché andavamo in vacanza nello stesso posto, successivamente ci siamo ritrovati in blucerchiato io come portiere e lui da allenatore della Primavera. Poi io iniziai a lavorare all'Udinese e quando Lippi andò alla Juve lo raggiunsi lì".

Il ricordo più bello con la Juve?
"Ne dico due: la vittoria della Champions e quella dell'Intercontinentale a Tokyo. Ricordo ancora che dopo un lunghissimo viaggio in aereo, la sera che arrivammo ci mettemmo stanchi morti a vedere i filmati del River Plate, ma eravamo talmente distrutti che ci si chiudevano gli occhi. Dopo poco abbiamo chiuso tutto e siamo andati a dormire, rimandando lo studio degli avversari al giorno seguente".

In quella partita segnò un gran gol Alex Del Piero.
"L'ho sempre considerato un giocatore fantastico, di personalità, tecnica e tanta qualità. Aveva quel tiro a giro di interno che, nonostante i portieri sapessero calciasse così, non riuscivano mai a prenderla. E' stato un grande giocatore".

Chi è il portiere più forte che ha allenato?
"Buffon e Peruzzi, impossibile sceglierne uno solo. E con tutti e due ho lavorato sia in Nazionale che alla Juventus".

Buffon sta attraversando un momento delicato per il suo futuro, che consiglio gli darebbe?
"Ogni tanto ci sentiamo, e mi pare che ha ancora tanta voglia di andare avanti. Solo lui sa se si sente ancora bene per proseguire a giocare, e se ha ancora gli stimoli per continuare, anche che fosse in una nuova società, non vedo perché debba smettere".

Donnarumma è ai livelli di Buffon?
"È un buonissimo portiere, il migliore tra i più giovani, ma non penso sia ancora al livello di Gigi. Come tutti i ragazzi, deve ancora crescere e maturare".

Chi è un altro giovane portiere sul quale punterebbe?
"Se devo fare un solo nome scelgo Gollini dell'Atalanta. Mi sembra un buon portiere".

Il 20 ottobre 1971 si giocò Borussia Moenchengladbach-Inter, che passò alla storia come 'la partita della lattina' per una lattina di Coca-Cola lanciata dagli spalti sulla testa di Boninsegna durante un fallo laterale.
"Quando arrivò quella lattina io ero in panchina, fu l'episodio che cambiò la gara: quel giorno subimmo sette gol, poi la partita fu annullata, giustamente a mio parere. E alla fine finì 4-2 a Milano e 0-0 in Germania".

Dopo l'arrivo della lattina Boninsegna si accasciò a terra, per i tedeschi fu una sceneggiata. Era stato colpito davvero?
"Che vi devo dire... ognuno tira acqua al suo mulino. Io vi posso assicurare che la lattina in testa gli è arrivata e non era neanche vuota. Inoltre, i giocatori tedeschi stavano per nasconderla ma Mazzola fu il più veloce a prenderla e portarla subito all'arbitro".

Chi è l'avversario più forte che ha incontrato?
"Pelè, Maradona e Cruijff, scegliete voi l'ordine. Il brasiliano ho avuto la fortuna di affrontarlo a 18 anni in un'amichevole contro il Santos a San Siro. Feci anche qualche buon intervento, tanto che a fine partita mi venne a stringere la mano. È una cosa di cui vado molto orgoglioso".