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Federico Bernardeschi, a Tuttosport, ha parlato così della nuova avventura al Toronto e della Juventus. 

TORONTO - "La città è spaziale. Sembra New York, ma più vivibile. L’accoglienza è stata pazzesca: una passione travolgente. E poi trentacinquemila persone allo stadio che tifano come matte, i fumogeni, i bandieroni: mammamia che roba! Il gol? Sensazione fantastica. Meravigliosa. Un modo fiabesco per iniziare questa avventura". 

RIAVVOLGERE IL NASTRO - "Sì, volentieri. Iniziamo dalla Juventus: massima gratitudine per il club, per la società, per i tifosi, per la squadra... per la famiglia Juve, ecco per quella che è e rimane una famiglia alla quale sarò sempre legato. Come calciatore ho vinto tanto, come uomo sono cresciuto e ho costruito amicizie importanti". 

RIMPIANTI - "Nel momento del saluto sì, tanto rimpianto. Ma poi ho realizzato con lucidità che quel ciclo era finito. Me ne sono reso conto in vacanza, quando non avevo ancora una squadra e riflettevo sul da farsi". 

DOPO JUVE-ATLETICO - "I primi tre anni alla Juventus sono andati, il secondo, quello di Juventus-Atletico è stato in assoluto il migliore. Poi tutto si è concatenato: nell’anno della consacrazione, quando c’era Sarri, il campionato si interrompe per mesi, tutto diventa surreale, anche alla ripresa delle partite. Tutto era cambiato: l’allenatore, la società, gli stadi vuoti e il mio ruolo, visto che continuavo a essere sballottato da una posizione all’altra. Colpa degli allenatori? No, per nulla! Colpa delle circostanze: c’erano delle esigenze, io ho sempre dato la mia disponibilità, perché sono fatto così e mi piace mettermi al servizio della squadra. Però tutti quei cambiamenti e quei momenti critici, anche per il club, in un momento in cui un calciatore sta maturando possono condizionare. Pirlo, per esempio, aveva un’idea di calcio differente e mi vedeva quasi come un terzino sinistro, ma io non potevo svolgere quel ruolo. Ci ho provato, sempre per lo spirito di servizio e perché Pirlo è una persona magnifica e con lui avevo un buon rapporto, che peraltro conservo tuttora. Ma non ha funzionato. Colpa mia, colpa delle situazioni tattiche che mi hanno un po’ frullato, colpa di circostanze esterne... Non ha, in fondo, molto senso accusare qualcuno o qualcosa, nella vita di un atleta si passano momenti difficili, si superano, si diventa più forti".  

CON ALLEGRI - "E a dicembre sono stato eletto MVP del mese. Poi qualche problema fisico e una stagione nella quale la squadra ha faticato. Mi dispiace, poteva finire meglio. Ma alla fine lascio la Juventus con tre scudetti, due coppe Italia, due Supercoppe. Sette trofei e alcune partite che mi rimarranno sempre nel cuore. È finito un ciclo, è stato un ciclo fondamentale per me e ora la Juventus ne apre un altro, del quale sarò il primo tifoso". 

LA NUOVA JUVE - "Sì, Pogba è tanta roba. Di Maria pure. È un segnale se arrivano campioni come quelli. È gente che viene per vincere, non per partecipare. E poi c’è Allegri, persona eccezionale, per me uno dei primi cinque tecnici al mondo a livello gestionale. Dovrebbe fare il manager all’inglese, con poteri quasi totali". 

VLAHOVIC - "È un campione. Un campione autentico: un professionista pazzesco che cura ogni dettaglio e ha una fame pazzesca. Mi ha ricordato Ronaldo nell’attitudine. Sono due giocatori differenti, ovviamente, ma hanno quella testa lì, quella smania irrefrenabile. Ed è un bravissimo ragazzo. Mi ha scritto stamattina... gli auguro il meglio perché se lo merita. Un consiglio? Di assimilare bene il DNA Juve. Allegri lo sa trasmettere benissimo: è quel tipo di atteggiamento con il qualche capisci che non puoi permetterti di sbagliare neppure un passaggio, perché lì ogni pallone conta. Se lo capisci e non ne rimani schiacciato diventi un campione. Adesso io sto portando un po’ di DNA Juve nel Toronto".
 
FELICE DELLA SCELTA - "Felicissimo! Guardi, a un certo punto mi hanno cercato delle squadre italiane, una inglese e una francese. Erano offerte interessanti, progetti tecnici che potevano anche ingolosirmi. Ma ho pensato: in Italia hai vinto tutto, con la Nazionale sei diventato campione d’Europa, potevo chiedere molto poco di più, mentre quella della MLS era ed è una prospettiva completamente nuova e affascinante. Ho firmato un contratto lungo, praticamente sei anni. Mi piacerebbe rimanere qui a lungo, diventare un idolo, sviluppare anche altre attività. Pensate a quello che è riuscito a fare Beckham negli Usa". 

D'AMICO REGISTA - "Andrea D’Amico è stato spettacolare. Ha trattato per me e per il Toronto, soddisfando entrambe. È lui che mi ha aperto gli occhi sul potenziale della MLS, che non è grande come la NBA, ma è costruita con gli stessi principi, lo stesso spirito. Il calcio sta crescendo, qui ci saranno i Mondiali del 2026 e c’è la voglia del movimento calcistico di emergere ad alti livelli. E lo sapete che quando gli americani vogliono fare emergere qualcosa, sanno perfettamente come fare. Si sta investendo tantissimo: 10 anni fa per una licenza servivano 20 milioni, oggi 200. Capito la tendenza?".