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La montagna ha scelto di andare da Maometto. E’ ciò che, a prima vista, si dovrebbe desumere dalla decisione che l’ormai ex difensore della Juventus Medhi Benatia ha preso lasciando Torino per trasferirsi in Qatar, dove giocherà nella squadra del Al Duhail. Stando a quanto lo stesso calciatore ha ufficialmente voluto dichiarare non appena arrivato a Doha, la capitale del Paese del Golfo Persico, il motivo principale che lo ha spinto ad abbandonare l’Europa sarebbe di natura squisitamente ideologica e religiosa: "Voglio che i miei figli crescano in un ambiente dove a contare più di ogni altra cosa siano le regole dell’Islam". Una posizione, quella di Benatia, di assoluto rispetto la quale, comunque, non può evitare di suscitare almeno un minimo d perplessità in quanto a tempistica.

Il difensore, sul quale Allegri e la società bianconera facevano grande affidamento, è nato in Francia da madre marocchina e da padre algerino. E’ cresciuto, anche calcisticamente, in quel Paese europeo e soltanto dopo anni ha stabilito di farsi naturalizzare come nordafricano magrebino soprattutto per poter indossare la maglia nazionale del Paese dei suoi antenati. La sua carriera sé è dipanata lungo la direttrice che lo ha portato prima in Italia, all’Udinese, e poi in Germania, al Bayern Monaco prima di approdare due anni fa alla Juventus. Una lunga trafila esistenziale, insomma, in quella parte di mondo “infedele” nel quale Benatia solamente un paio di mesi fa ha scoperto di vivere insieme con la sua famiglia ritenendolo non adatto per la corretta educazione religiosa e di costumi dei figli. Un aspetto della vicenda che, francamente, suscita un certo stupore.

Beninteso, è naturale oltreché giusto e sano adoperarsi per fare in modo che la propria esistenza e quella di chi ti è più caro venga coniugata con le regole suggerite dall’interiorità e dal credo. Ma la scelta di Benatia appare comunque perlomeno tardiva e, soprattutto, in netto contrasto storico con l’esempio fornito da Papa Francesco e la sua recentissima epocale “missione” aggregatrice negli Emirati Arabi, dove il Pontefice ha ribadito, davanti ai rappresentanti di tutte le religioni, l’assoluta necessità della coesione contro ogni genere di differenza e contro ogni barriera di confine. La scelta di Benatia, letta in questa chiave, farebbe sospettare che stiano  avendo la meglio i propagandisti del “tutti a casa propria” e del “c’è una sola religione, la nostra”. Cosa fortunatamene non vera o almeno lo vogliamo sperare. Un islamico ortodosso e praticante come Zinedine Zidane, per esempio, non ha mai pensato di lasciare l’Europa per consentire ai suoi figli di crescere in un ambiente consono alle regole del Corano.

Detto ciò e non volendo minimamente mettere in dubbio la buona fede di Benatia ritengo in ogni caso la sua pur rispettabilissima motivazione ufficiale un tantino pretestuosa. Intanto se avesse voluto dare un segnale veramente forte avrebbe potuto trovare una sistemazione professionale nel “povero” Marocco del quale lui è bandiera internazionale e non nel ricchissimo Qatar dove verrà ricoperto di petroldollari. Infine, a pensare proprio male, ci potrebbe anche stare che, alla base di questa decisione così radicale, non sia del tutto estraneo il ritorno di Bonucci in quella Juventus nella quale Benatia aveva immaginato di poter diventare il leader della difesa.