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Andrea Barzagli si racconta in una lunga intervista concessa a La Gazzetta dello Sport. Il difensore bianconero parla di mercato e dei suoi piani per il futuro: "Secondo me era arrivato il momento giusto. E le assicuro che non è facile, da calciatore, decidere di smettere. Ho preso questa decisione con grande serenità. Ero contento, sapevo sarebbe stata una bella festa. Poi la mattina mi sono svegliato e mi è iniziato un po’ di magone, sapevo che sarebbero venuti la mia famiglia e i miei amici. Ho avuto un’annata calcisticamente difficile, sono stato molto fuori, non mi sentivo più all’altezza degli altri. E quando sei in una squadra del genere, con dei giocatori così, allenarti diventa impegnativo, c’è tantissima qualità quindi devi star bene fisicamente. Nello spogliatoio i ragazzi hanno scherzato e il magone mi è passato. Non mi aspettavo il prepartita con i ringraziamenti del presidente e la squadra schierata. Gigi che è venuto apposta da Parigi, mi ha fatto un enorme regalo. E già lì è stata un’emozione forte. Siamo ritornati dentro lo spogliatoio, quindi ho provato un attimo a scuotermi e a dire: “Ragazzi, grazie mille, però facciamo una partita seria, proviamoci”.

BBC - "L’intuizione è stata di Conte, che ci ha messo a giocare a tre. Però sembravamo fatti apposta per incontrarci. La BBC esaltava le doti di ognuno. In campo bastavano gli sguardi, ci capivamo al volo. C’è stata in tutti e tre grande professionalità, grande attaccamento alla Juve e soprattutto grande voglia di migliorarsi. E questo non è scontato, perché nel calcio ci sono giocatori che potrebbero fare molto di più e non lo fanno. C’è una B in più da ricordare, quella di Gigi: un punto fisso, intelligenza e talento".

TROFEI - "Il Mondiale vinto è la cosa più bella. Non me lo sono goduto come avrei voluto. Avevo 24 anni e non riuscivo a realizzare in pieno cosa era successo. Rimane una cosa incredibile. Quando, ancora oggi, vedo in tv Fabio Grosso che calcia il rigore... Ancora mi dà i brividi, e di più adesso. Delusioni ce ne sono state. Le Champions sono state due sconfitte molto amare. Non arrivare al Mondiale è stata una delusione fortissima. Specie per chi l’aveva vinto. Un Paese intero che ti guarda e deluderlo ti brucia. Quando è successo avevo 35 anni, non avrei potuto più riscattare quel risultato. Nei giorni successivi siamo stati tutti molto male”.

FINALI PERSE - "Con il Barcellona non eravamo favoriti e forse eravamo arrivati lì senza grandi sicurezze. Nel primo tempo siamo stati quasi impallinati, ma nel secondo abbiamo giocato benissimo. Una sconfitta che mi ha bruciato, perché è stata una partita molto equilibrata. Con il Real non so cosa sia successo. Eravamo andati con grandi certezze che però si sono sgretolate subito. Abbiamo fatto un primo tempo fuori giri. Non avevamo mai giocato così, con questa voglia esasperata di andare avanti. Avevamo sempre avuto una squadra tosta, compatta e lì è venuta fuori invece tutta l’esperienza dei giocatori del Real che erano abituati a quelle partite. È stata forse più bruciante la seconda perché almeno potevamo giocarcela meglio. Perdere una finale 4 a 1 è brutto, molto brutto".

AJAX - "Siamo arrivati corti, come rosa. Quando ti mancano dei giocatori importanti, in quelle partite, paghi un prezzo. La Champions non è una passeggiata come la fanno apparire molti. Non è scontata, mai. Le due finaliste stavano per uscire al girone. La Champions non è un campionato: dopo aver passato il girone per due mesi non la giochi. Riparti e devi vedere le condizioni della tua squadra, quella di chi incontri. Poi, soprattutto, ci sono il palo, il gol sbagliato, l’errore. Ci sono tante cose che, in un’andata e ritorno, possono condizionare. Non necessariamente Real, Barcellona, Ajax, City, Juventus, Bayern, Psg sono inferiori alle odierne finaliste. Noi abbiamo giocato una discreta partita ad Amsterdam. Potevamo finirla in vantaggio. Abbiamo fatto anche un ottimo primo tempo, in casa. Poi il loro gol ci ha messo ansia, siamo andati in difficoltà mentale. Questo e le assenze ci hanno impedito di reagire. In casa difficilmente una squadra come la nostra concede quattro, cinque palle gol. Potevamo perdere ancora peggio. È stata una botta per tutti. Nell’ambiente, tra gli addetti ai lavori si era diffusa l’idea che la Juve dovesse arrivare naturalmente in finale. Però non è mai scontato, in Champions. Ci siamo rimasti male anche noi perché avevamo una squadra forte, potevamo arrivare in fondo".

RONALDO – “Lui è un divo, non c’è dubbio. Lo è per quello che si è creato: è il personaggio più seguito al mondo anche sui social. È un mito mondiale. Però poi è entrato in uno spogliatoio di calcio, il nostro. Ed è entrato come uno dei tanti. Ha dimostrato prima di tutto la sua professionalità, perché è un professionista incredibile. Poi ha messo anche la sua personalità e simpatia. Forse all’inizio potevamo vederlo come uno di quei giocatori che fanno la differenza e quindi non con timore ma con rispetto, poi abbiamo scoperto non solo il giocatore ma la persona. Ci abbiamo scherzato, abbiamo anche noi la chat e scriviamo cavolate, come tutti, e lui c’è. Cristiano ha sempre preso parte alle cene di squadra, come tutti. Non fa il divo, pur essendolo".

ALLEGRI – “È una persona genuina, veramente genuina che specie con me, Giorgio, prima con Gigi, passava del tempo a parlare di vita, non solo di calcio. Ci ha fatto fare anche delle grandi risate, in questi anni. Nelle riunioni tecniche raccontava aneddoti in livornese. Ultimamente abbiamo tre quarti della squadra straniera... Faticavamo, Giorgio è anche livornese, a capirlo. Immagino gli altri. Uscivamo dalle riunioni sempre con il sorriso sulla bocca. È una persona che ti toglie quel minimo di stress e tensione che hai e che ti porta il calcio italiano. Vai a lavorare e fai le cose serie però la battuta, stemperare il momento, anche prima delle partite, aiuta. Max non è solo un ottimo tecnico, è molto bravo a curare anche i rapporti personali. Mi ha insegnato molto e secondo me è cresciuto tanto anche lui, in questi anni. Mancherà, sono stati cinque anni intensi, belli e non pesanti”.

FUTURO – “Allenatore? È una cosa a cui ho pensato. Seguirò il corso a Coverciano, voglio vedere se questo mondo mi appassiona. Quando fai il calciatore sei come una piccola azienda e pensi solo a te stesso, gira tutto intorno a te, decidi tu. Da allenatore devi iniziare a pensare a 360 gradi. Non è soltanto il problema di chi far giocare ma anche avere rapporti con il giocatore, con lo staff, con il medico, con la stampa, la società. È una cosa diversa. Mi affascina e spero di essere giusto per un lavoro così".

EREDI – “Mi auguro che Rugani e Romagnoli possano diventare colonne importanti. Loro secondo me hanno un potenziale, ma è fondamentale, per un difensore, essere punto di riferimento dei propri compagni. In questo, essendo giovani, cresceranno naturalmente. Il talento lo hanno".

ROMERO - "Ha grandi potenzialità, arriverà in un gruppo con giocatori che possono insegnare molto, sia Giorgio che Leo sono grandissimi difensori. Se sei intelligente e inizi a prendere da loro, migliori molto. E poi, quando arrivi nella Juve, oltre ad essere bravo devi avere personalità. È fondamentale. Difensori stranieri forti? De Ligt dell’Ajax. È giovane, tosto. Ma il modello vero è Ramos. Quando stai così tanto ad alti livelli in una squadra forte e in nazionale, un motivo c’è. Sei un fuoriclasse".

JUVE - "Dovevo andare alla Juve prima della Germania. Ma poi non se ne fece nulla. Con la squadra di Magath vinsi uno scudetto e poi arrivai a Torino. A Fabio Paratici devo fare una statua. È venuto di persona a vedere le partite a Wolfsburg, dove non c’è l’aeroporto, un’ora di macchina da Hannover. Una sera mi disse: “Oltre a venire a Wolfsburg noi, le 19 partite che hai giocato, le abbiamo viste tutte”. Ha cambiato la vita a me e io spero di essere stato utile alla squadra, in tutti questi anni straordinari".

STUDIO - "Ho interrotto in quinta Geometri. Ma quest’anno ho studiato. E darò l’esame. Era un mio obiettivo, da qualche anno. Avevo perso un pezzo, della vita, avevo lasciato qualcosa. L’importanza della scuola non la capisci se non quando sei grande. Non è solo il diploma per il lavoro. La scuola aiuta ad avere e capire le emozioni e a parlare con le persone. Un po’ di cultura generale fa bene, è importante. Posso dirle la verità? Ora devo andare a scuola. Tra dieci minuti ho l’esame di maturità".