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Arthur al bivio (QUI la nostra indiscrezione). Una calcificazione da valutare di giorno in giorno lo ha bloccato ed escluso dall'impegno contro il Napoli, con la timida speranza di rientrare in Champions League contro il Porto. Un infortunio fastidioso perché ha ancora dolore e perché la calcificazione è di natura post traumatica a livello della membrana interossea.

Il professor Fabrizio Tencone, direttore di Isokinetic Torino e a lungo dottore o responsabile del settore medico della Juventus, ha parlato così a Tuttosport: "Quando c’è una contusione muscolare si forma un po’ di ematoma. Nel 99 per cento dei casi l’ematoma si riassorbe, in qualche caso invece questo non succede completamente oppure si verificano delle complicazioni. Le complicazioni più frequenti sono la formazione di una ciste, di una calcificazione oppure di una trasformazione in osso: una miosite. Da quanto risulta, nel caso di Arthur si è formata una calcificazione in un posto un po’ atipico: la membrana tra il perone e la tibia. Ecco perché il giocatore ha male. Il problema sostanziale è proprio questo: il dolore. Se il giocatore non ne sentisse potrebbe anche giocare, perché la calcificazione non rappresenta una complicanza. Ci sono tantissimi atleti - decine, centinaia - che hanno calcificazioni a seguito di vecchi strappi ma praticano l’attività e stanno bene perché hanno queste calcificazioni in posti che non provocano fastidi. Pensate alla classica “vecchia”, la botta ginocchio contro coscia: è una contusione muscolare che forma l’ematoma, ma appunto non crea fastidi". 

BIVIO - "Si cerca innanzitutto, tramite fisioterapia e terapia medica, di fare in modo che la calcificazione non aumenti. Ci sono vari tipi di approcci potenzialmente attuabili a seconda dei casi e delle specifiche valutazioni: medicine, onde d’urto, terapie di tipo radiologico. Nel giro di una, due settimane si capisce se la risposta è positiva, se ci sono miglioramenti. Altrimenti bisogna prendere in esame l’ipotesi di un intervento chirurgico. Tutto questo tenendo sempre presente che un atleta non si fa mai operare perché “ha male”: un calciatore, o comunque un professionista, raramente potrà fare un allenamento in cui non abbia qualche fastidio. Un atleta si fa operare perché prova dolore ad un livello tale da non riuscire più ad allenarsi e dunque non è più performante".