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"Andrea Cambiaso è sicuramente un ragazzo incredibile. Ha la testa di un fuoriclasse" esordisce così Fabio Fossati, che conosce bene il classe 2000 della Juventus. Fossati lo ha allenato in Serie D, quando indossava sotto età la maglia dell'Albissola. Lo racconta con fierezza, per ciò che poi Cambiaso è diventato. Una storia lunga, ricca di aneddoti. 


ANDREA CAMBIASO, PARLA FABIO FOSSATI


Lei è stato uno dei primi a schierarlo a centrocampo, ci spiega questa scelta? 

"Cambiaso nasce centrocampista, nel settore giovanile del Genoa gioca centrocampista, nel dettaglio mezz'ala e trequartista. Con me gioca ovunque tranne che da esterno basso, lui giocava sotto leva essendo 2000 i giovani erano quelli del 1999. Per noi era quasi un bimbo. Andrea però non l'ho schierato io a centrocampo, con me addirittura una partita ha giocato falso 9, avevamo bisogno davanti. Ha giocato anche interno di centrocampo, mediano a due, esterno di centrocampo nel 4-4-2. Ha intelligenza e dinamismo tattico di altissima qualità. L'anno seguente preferì rimanere con i grandi e ha scelto il Savona in Serie D, in quel campionato ha giocato terzino, laterale ed ha fatto molto bene. Dall'Alessandria inizia a fare il quinto. Giocava spesso a destra ma lui è un mancino naturale, la gente spesso questo non lo sa e mi è capitato di sentire più volte dire che usasse bene il sinistro. Penso che sia uno dei pochi a saper usare molto bene anche il destro, per necessità". 

Dove vede bene Cambiaso? 

"Dentro al campo, secondo me è il suo ruolo. Vedo che piano piano allenatori come Massimiliano Allegri, Thiago Motta già con i terzini che entravano in campo, in Nazionale anche viene utilizzato in quel ruolo. Il suo step è ritornare alle origini. Se devo definire Andrea è veramente un giocatore moderno, il classico giocatore che interpreta la funzione, quello che serve alla squadra in quel momento. Questo dinamismo tattico, intelligenza associate a tecnica e fisicità, fanno la differenza. Ha una capacità cognitiva fuori dal comune, sa leggere gli spazi e ci va a lavorare dentro, è un sostegno. La grandezza di Andrea è questa". 
 
Cosa si ricorda di Cambiaso? 

"Lui è una spugna: assorbe, impara, vuole sempre migliorare ed affrontare sfide nuove. Per me ha ancora dei margini di miglioramento". 

Osservandolo si aspettava potesse avere questa carriera? 

"No, questo secondo me è impossibile da dire. Andrea è un ragazzo che tra i tre 2000 che allenavo io in quella stagione era leggermente indietro. Lui aveva ancora dentro molto del gioco da settore giovanile, più propenso quindi ad essere estetico, doveva imparare ad essere più concreto, ruvido. Da lì ha capito, la sua sfida era proprio quella di entrare in un calcio che gli chiedeva di essere più concreto e diretto. Nel nostro anno secondo me ha imparato, dall'inizio dell'anno alla fine era un giocatore diverso, cresciuto sotto ogni punto di vista. Ogni anno ha affrontato delle sfide, l'anno seguente è diventato terzino, quello seguente ha fatto il terzino in Serie C. In quella stagione poi si è rotto il crociato e la testa lì ha fatto la differenza. Lui è caparbio, tenace, tosto".

Ci racconta un aneddoto di Andrea? 

"Mi colpirono due cose, la prima è la sua duttilità: mi risolveva ogni richiesta. Mi serviva un centroavanti e lo faceva, mi serviva un esterno che entrasse in campo con determinati tempi e lo interpretava. Lui spesso entrava a gara in corso ma aveva la capacità di entrare un quarto d'ora ed essere in partita, questo mi ha sempre stupito. La seconda era che arrivava ad Albissola al suo primo anno di Serie D, aveva fatto le finali nazionali con gli allievi del Genoa, Albissola non era precisamente un premio, spesso si sedeva in panchina e subentrava, ha giocato anche dall'inizio ma non era titolare inamovibile. Qualsiasi minutaggio avesse giocato o non fosse entrato in campo il martedì quando rientravi dalla settimana era il primo a tirare il gruppo, aveva grande voglia di allenarsi, non aveva mai un atteggiamento sbagliato e questo non era scontato. Nel settore giovanile era sempre stato titolare, soprattutto gli ultimi anni".

Aveva un soprannome? 

"Da subito l'abbiamo chiamato Chuchu, da Cambiasso, il giocatore dell'Inter, cambiava solo una S".

 Cosa mancava a Cambiaso? 

"Per me era un talento puro. Che se avesse trovato concretezza, crescita fisica: a diciassette anni non aveva ancora la gamba che ha ora. Si è ultimato ma secondo me perchè affronta ogni sfida con la testa giusta, si sa sempre migliorare, sa prendere da tutti. Avrà imparato tanto da Allegri, Locatelli, Arthur o Danilo per citarne alcuni. Lui ha queste capacità". 

Le capita ancora di sentirlo?

"Qualche volta. Qualche messaggio di complimenti, ricordo ancora il suo primo gol con il Genoa. Ogni tanto essendo di Genova lui va a salutare i suoi amici che sono quelli del Genoa e ci si incrocia. Poco tempo fa era qui in Liguria a vedere una partita di Eccellenza. Una famiglia a modo, un ragazzo a modo".

Dove si aspetta di vederlo in futuro? 

"Mi aspetto che continui a migliorare. Per come l'ho conosciuto e per il percorso che ha fatto secondo me più saranno le sfide che gli saranno presentate e più ne vincerà. Questo significa alzare il suo livello che è altissimo. Essere un giocatore della Juve e della Nazionale significa già aver fatto degli step verso l'alto. Ci sono da vincere dei trofei, alzare qualche coppa importante con la Juventus e con la Nazionale. Diventare un titolare inamovibile. Mi sembra che stia percorrendo step fantastici, mi aspetto che le sfide che gli arrivino continui ad affrontarle con intelligenza e caparbietà che lo hanno sempre contraddistinto e mi aspetto diventi una certezza per la Nazionale".

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