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Tutto cambia, sempre più velocemente in questo calcio che non ha memoria né riconoscenza. Basti guardare in casa Napoli, come si è passati da un Carlo Ancelotti capace di parlare di obiettivo scudetto o mercato da 10 e lode, salvo poi essere scaricato come un allenatore qualunque a inizio dicembre dopo averne viste e vissute di tutti i colori in pochi mesi. Un trattamento, quello che gli ha riservato Aurelio De Laurentiis, difficile da mandare giù. Anche perché proprio Ancelotti per mantenere la propria parola col presidente e per portare avanti il progetto al Napoli, aveva saputo dire tanti no. Uno su tutti: quello a Cristiano Ronaldo, quindi alla Juve.

LA CHIAMATA – Sul finire della scorsa stagione, quando l'era di Max Allegri era ormai giunta ai titoli di coda, tanti sono stati gli allenatori valutati e contattati dalla dirigenza bianconera. E non solo dalla dirigenza. Nelle consultazioni interne, infatti, non sono mancate le opinioni di agenti e calciatori, solo quelli più importanti si intende. Con Cristiano Ronaldo che aveva avuto pochi dubbi riguardo il nome giusto su cui puntare inizialmente: proprio quello di Ancelotti. Per vincere in Champions, per esaltare CR7. Un'ipotesi complicata da realizzare sotto tanti punti di vista, a cominciare da quello ambientale, perché anche vent'anni dopo non sarebbe stato semplice riproporre Ancelotti senza diffidenze da parte della tifoseria, solo per fare un esempio delle difficoltà di un'idea del genere. Ma non si è nemmeno arrivati a valutare pro e contro dell'operazione, alla chiamata di Ronaldo non c'è stato modo di dare continuità per il semplice fatto che per Ancelotti l'addio al Napoli dopo un solo anno, per andare alla Juve poi, non era un'opzione. L'allenatore non se l'è sentita di tradire De Laurentiis e il Napoli, nemmeno per Ronaldo. Viceversa, ancor prima di Natale, il tradimento l'ha subito proprio lui.