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Il comprensibile tsunami emotivo che sta travolgendo i tifosi juventini, travolgerà anche la società? Nell’immediato, pensiamo di no. Un po’ perché i professionisti (in ogni campo, dal cinema, alla musica, alla medicina, alla politica…) vedono il panorama da un'altra prospettiva rispetto a pubblico e cittadini, un po’ perché le decisioni non si prendono a furor di popolo. Sono d’infausta memoria gli appelli al “sentimento popolare” per mandare la Juve in B e le emozioni della piazza vanno quantomeno filtrate.

Dopo 9 anni di successi, di trofei, di finali, è il caso di istituire un tribunale del popolo che chieda “l’esecuzione” immediata dei “responsabili”? E chi sono? Presidente, staff, allenatori, medici sociali, dirigenti, preparatori atletici ecc.? Secondo: la decisione presuppone un programma, non una soddisfazione dell’istinto. Terzo: c’è bisogno anzitutto d’un’analisi, quanto meno storica. Allora vedremo che la crisi della Juve ha molti padri e che non comincia da ieri l’altro, dal Benevento o dal Milan.

La crisi inizia almeno due anni fa e le cause sono molteplici. Quando fu allontanato Allegri, molti dissero (Capello lo ha ripetuto ieri sera) che era giusto: dopo 5 anni tutti (allenatore, giocatori, società…) si stancano, mollano la presa e la routine ha la meglio sull’energia. È possibile. Però ad Allegri fu detto addio perché si scelse di mantenere lo status quo della squadra, che l’allenatore labronico avrebbe voluto smantellare, quindi almeno una parte della “routine” fu mantenuta.

Da lì in poi, la discesa è stata lenta ma inesorabile. Paratici senza Marotta è rimasto un tattico privo d’uno stratega, dato che Nedved non lo è. I suoi metodi, le plusvalenze a go-go, i parametri zero, le spese esorbitanti per alcuni giocatori (De Ligt e Kulusevski su tutti) non hanno dato i risultati sperati. Anzi. Anche perché i parametri zero non costavano affatto zero pur rivelandosi di un valore atletico-calcistico vicino allo zero. Sarri - è inutile rimpiangerlo - si è rivelato una scelta non felice, poco ragionata e troppo impulsiva, ma il paradosso è che Pirlo (tutt’altro carattere e esperienza) ieri sera è arrivato a dire, in modo diverso, quello che ruvidamente dichiarò, tra un’incomprensione e l'altra, l’allenatore dal “brillante
gioco mai visto”. E cioè: “Questa è una squadra inallenabile”.

Pirlo non lo ha detto così chiaramente e così brutalmente perché ha aggiunto: “Almeno per me”. Nel dettaglio: “Ho dei campioni dai quali non riesco a tirar fuori il meglio.” Quel meglio che sarebbe la sua idea di calcio, peraltro nebulosa. Con buona pace di chi dice che questa è un'ottima rosa basterebbe fare qualche nome: Ramsey, Rabiot, A.Sandro, Arthur, Kulusevski, Bentancur, questo Dybala, Frabotta, Dragusin, Fagioli sembrano giocatori, attualmente, all’altezza d’una grande squadra?

McKennie ha retto un girone, come Morata; Chiellini e Bonucci sono ai titoli di coda. Sono sufficienti Cuadrado, Danilo, Chiesa, De Ligt e un Ronaldo in declino? Ovvero 4-5 giocatori al massimo, anche solo per il campionato? Altro che SuperLega, ha ironizzato l’impietoso Capello, pensando allo spettacolo offerto ieri sera. Altro che Champions e forse Europa League, si può aggiungere. È finito un ciclo e probabilmente molto di più. Bisogna prenderne atto senza criminalizzare nessuno, senza dimenticare un passato luminoso purtroppo incapace di illuminare il presente. Non resta che ripartire da questa, unica, dura certezza, senza il sogno mendace di riscatti immediati.