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Per la rivoluzione sarrista serve tempo, è normale che sia così. Ad ogni livello, praticamente tutti i suoi giocatori hanno sempre detto, dalla serie C alla Champions, che i primi mesi sono di lavoro serrato e che poi si però si inizia a giocare a memoria. In conferenza stampa proprio Sarri però ha fatto intendere come abbia capito lui per primo che la Juve sia tutta un'altra storia, non c'è nessuna rivoluzione da fare, ci sono le sue idee da trasmettere all'interno di un sistema vincente come nessun altro nella storia del calcio italiano. Sperando che questa fusione possa portare a vincere anche in Europa, capitolo da affrontare a partire da mercoledì in Champions. E forse a causa della polmonite di cui ha sofferto da metà agosto in poi, ci sarà bisogno di ancora un po' di tempo supplementare per vedere la Juve di Sarri prendere forma. Nel frattempo però ci sono tante situazioni da registrare. Che alla gestione precedente non sarebbero state perdonate, forse proprio perché con Max Allegri davvero il risultato finale era l'unica vera cartina di tornasole: troppe occasioni concesse nonostante i gol subiti siano arrivati solo in occasione del blackout con il Napoli, troppo poco calcio proposto al di là della prima ora di gioco con il Napoli, già troppi infortuni soprattutto di tenore muscolare (altro motivo che ha visto spesso Allegri con il suo staff finire sulla graticola). Insomma, per la rivoluzione sarrista, totale o parziale che sia, serve davvero tanto tempo ancora.

LA DIFFERENZA La differenza semmai per ora è proprio nei risultati. Striminzita la vittoria di Parma, meritata ma casuale quella con il Napoli, uno 0-0 a Firenze che per vari motivi appare un punto guadagnato e da tenersi stretto. Se anche la Juve dovesse diventare una squadra costretta a giocare bene per portare a casa i tre punti, allora, qualche problema di troppo potrebbe venire fuori in questa fase di transizione. Perché la tanto criticata Juve di Allegri raramente giocava in maniera spettacolare, ma per vincere non aveva bisogno di giocare bene, anzi spesso sapeva fare la faccia brutta per vincere di corto muso: senza paura di farla. La Juve di Sarri, invece, ha dimostrato una cosa in queste prime battute: appena cala d'intensità, appena cede il possesso palla agli avversari, va in difficoltà e subisce. Caratteristiche non da Juve, che sia quella di Allegri o di Sarri. Perché vincere resta l'unica cosa che conta: riuscirci giocando bene sarebbe il massimo, non riuscirci giocando male preoccupa sempre un po'.