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Mi sarebbe piaciuto, ieri sera, essere la classica mosca invadente per poter svolazzare intorno alla poltrona dove si era accomodato seduto Giovanni Trapattoni per assistere alla partita della Juventus contro il Chelsea. Immagino proprio che, alla fine, il vecchio Giuan abbia sorriso e poi se ne sia andato a dormire pieno di orgoglio. Ancora una volta, dopo tantissimi anni, il suo teorema calcistico aveva funzionato alla perfezione anche se interpretato in chiave contemporanea.

Sostenevo, alla vigilia, che a Massimiliano Allegri una cosa soltanto sarebbe rimasta da fare se non voleva che i suoi ragazzi venissero travolti dall’esercito dei soldati blu guidati dal generale Tuchel. Ripetere la storica impresa riuscita ai pellerossa di Cavallo Pazzo e di Toro Seduto sulle sponde del torrente Little Big Horn. Un’analogia che, stando ai commenti, ha fatto sorridere qualcuno, ma che si è rivelata conforme a quella che è stata ieri la realtà dei fatti.

In realtà un “cavallo pazzo” in campo c’era. Federico Chiesa la cui santificazione a campione mi offre l’opportunità di togliermi un sassolino dalle scarpe per chiedere dove sono oggi coloro i quali si scandalizzavano quando mentre Chiesa stava ancora alla Fiorentina sostenevo che era lui l’uomo adatto per le fortune bianconere. Apriti cielo!

Al di là delle polemiche e anche di Chiesa la sostanza è che il tempo passa inesorabilmente e le mode ballerine insieme con lui. Resistono, un poco come i jeans, pochissime e collaudate formule che consentirono a chi le applicava con umiltà e costanza di venire a capo delle situazioni anche più complicate. Un teorema che si inizia con la raccomandazione ”prendi qualsiasi cosa si muove tanto meglio se è il pallone” di Nereo Rocco e che completa il cerchio con l’italianissimo fischio del Trap. Due allenatori, due uomini, due persone. Né guru e né santoni di quelli che vanno e vengono come le mode fragili. E Allegri, in questo senso e sempre parlando di pellerossa, è l’ultimo dei Mohicani.