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Capita che, soprattutto quando l'attesa inizia a vibrare, il pensiero si distolga dall'immediato e viaggi insieme alla fantasia. Febbraio è sinonimo di Champions: ci sono coppie che a San Valentino quasi si lasciano per l'atroce - e spesso beffarda - coincidenza di partite che contano e momenti che contano. Vince il calcio, di tanto in tanto. E vincono soprattutto i pensieri, che a fine gennaio sono già proiettati a Madrid, alla Champions, a un percorso intrapreso. Ai 'se', ai 'ma'. Alla voglia di sfatare i soliti miti. Poi arriva Allegri, prorompente. E in conferenza, ecco le mani avanti. 

PAROLE E FATTI - Max dixit: "Non sta scritto da nessuna parte che la Juve è la mega favorita della Champions. Si parla come se la Juve dovesse aspettare il primo giugno per la finale di Champions. Non si vive così, la Coppa è un obiettivo come gli altri. Da portare a casa. Se siamo bravi e fortunati, andremo avanti". Tutto giusto, tutto sensato. Tutto, soprattutto, visto con estrema lucidità. Non è una novità: il lavoro di Allegri è quello di placare i bollenti spiriti e i sogni enormi. Ma la Champions non lo è mica: è una competizione, in cui la Juve ha l'obbligo di dare il massimo. Esiste la sorte, c'è il fattore fortuna. C'è quella variabile degli imprevisti che va calcolata. Ma a che serve mettere le mani avanti? Se la Juve va fuori con l'Atletico, agli ottavi di finale, qualcuno potrebbe parlare anche di 'fallimento', a prescindere dai record in campionato. Ronaldo è una tassa gigantesca, in questo senso. Va pagata.