Redazione Calciomercato

Allegri e la Juventus erano due cose troppo diverse. L'addio era inevitabile, il finale no
Avrà pensato tutto questo, covando magari il desiderio di andare in vacanza un paio di settimane prima. Almeno con la testa. Persino col corpo, ecco, chissà: questo fa parte di una schiera di retropensieri che lasciano il tempo che trovano.
Alla fine, tutto quel che aveva accumulato, si è ripresentato come una cattiva digestione. L'ha costretto a esternare le paure più forti, le convinzioni più estreme. All'Olimpico è accaduto quel che è accaduto, nella pancia dello stadio è successo quel che non doveva accadere. E in un paio di giorni, la società ha chiarito una situazione che andava spiegata ben prima. Cioè: il club viene prima di qualsiasi uomo, anche se l'uomo ha costruito un pezzo importante del club.
Allegri e la Juventus erano diventati due cose troppo diverse. Max è rimasto fedele al suo pensiero: sarebbe forse ancora perfetto per gestire un gruppo di uomini, che andrebbe avanti a prescindere dalla sua guida tecnica. La Juve è stata fenice: è risorta dalle sue ceneri. Resta affascinante, bellissima, unica: ma è in ricostruzione e c'è bisogno di chi se ne prenda cura pure dal punto di vista tattico e motivazionale.
Come sempre, e come in ogni storia d'amore, il sentimento non basta: occorre tempismo, sacrificio, compromesso. Neanche mezzo, di questi tre elementi, ha saputo farsi valere nell'ultimo periodo. Tutto è affondato, perché ha vinto l'orgoglio delle parti. L'addio era diventato inevitabile, ma il finale no: è solo triste.
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