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Siamo d’accordo con Allegri. Forse, sul campo, sacrifica un po’ troppo Dybala, forse la vecchia tentazione d’inserire un terzino in più quando gli avversari diventano maggiormente aggressivi (vedi parte finale con lo United in casa) non scompare e pare riemergere, forse, l’eccessivo realismo di fondo del freno a mano. Siamo d’accordo con lui non solo per i record e per un gioco più frizzante, offerto da questa Juve  più coraggiosa e più duttile nel saper cambiare registro.

Per tutto questo, siamo d’accordo, ma soprattutto per come tende a sdrammatizzare il calcio, a mettere la sordina alle vittorie (molte) e ad adattarsi alle sconfitte. Per come sa rispondere sempre allo stesso modo, con la sua morale di fondo: l’allenatore deve rispettare, comunque, l’imponderabile del calcio. Deve prepararlo: sapere che esiste la condizione necessaria, ma che la condizione sufficiente è data da quel qualcosa in più che l’allenatore non potrà mai dare, mai preconfezionare. C’è al fondo, nel calcio, un tantino di caso che sta nei piedi, nelle gambe, nell’ attimo dei giocatori, nella loro volontà, ma anche nel loro estro. Nel divertimento. È l’attimo fuggente, che si può ripetere in altre forme, è il gol al volo di Ronaldo contro il Manchester United o la serpentina di Chiellini che parte dalla sua area e ne fa fuori cinque.

Ci piace, soprattutto, Allegri per una frasetta sfuggitagli, l’altro giorno, a proposito dei ragazzini che tirano i calci a un pallone. “Che si divertano - ha detto - si divertano e si allenino”.  DIVERTIAMOCI! Una frase che dovrebbe essere scritta negli spogliatoi di ogni scuola calcio, un’idea che dovrebbe stare nella testa degli allenatori dei pulcini e dei giovanissimi (fino ai 10-12 anni) prima di ogni dettame tattico, di ogni imperativo agonistico. Lasciamoli divertire per proteggerli dalle pressioni dei genitori, dalle proiezioni dei padri, dai sogni delle madri, dagli entusiasmi degli zii, dagli orgogli dei presidenti. In una parola: dagli adulti. 

I ragazzini vengono incanalati troppo presto nell’imperativo categorico di dover vincere; troppo presto sono sottoposti all’ ansia da prestazione di non sbagliare. L’archetipo primordiale che fa del calcio prima del resto, un gioco non dovrebbe mai scomparire del tutto. E non solo per chi gioca nell’Audace, ma anche nella Juve. Lasciare che si sbagli un po’, magari per ricordarsi d’un tempo, bellissimo, che proprio correndo dietro ad una palla, per poco, per un lampo, può magicamente tornare.