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C'è qualcosa di vero, in ogni caso, nella difesa a spada tratta di Alvaro Morata da parte di Massimiliano Allegri. Se il tecnico avesse undici 'cuori' come quello dello spagnoli, almeno i cali di attenzione e di sufficienza sarebbero evitati. Poi c'è tutto il resto: l'errore che spalanca la porta al contropiede di Zapata, le difficoltà sotto porta, i numeri disastrosi per un centravanti d'area normale. Figuriamoci per il nove della Juventus. 

LA DIFESA - Difficile sostenere, invece, che ci sia un preconcetto nei confronti dello spagnolo. Semplicemente, Morata ha dimostrato di patire le pressioni e di faticare a costruirsi un'alternativa di gioco all'attacco dello spazio e all'azione corale. Nessuno ha mai preteso che diventasse Cristiano Ronaldo, ma che avesse più peso offensivo questo sì, perché tutto il buio lasciato da CR7 poteva dare più spazio e luce proprio allo spagnolo. La precisazione di Max è sembrata poi la strenuta difesa di Luis Enrique di quest'estate, durante gli Europei: 10 più Morata, aveva detto l'uomo che sei anni fa aveva annientato il sogno Champions proprio ad Alvaro e ovviamente ad Allegri. L'aveva sostenuto con voce ferma per dare un segnale fortissimo: la fiducia che conta è quella del tecnico, non del popolo e ancor meno dei giornalisti. Morata tornò a segnare e andò ad abbracciare subito Luis Enrique. 

UNA NUOVA OCCASIONE - Allegri ha scelto di proseguire sulla strada battuta dal commissario tecnico. L'ha fatto anche per mancanze di alternative: Kean non è un goleador, e fatica a prendere il posto persino di questa versione di Morata; Dybala deve crescere di condizione e farlo giocare unica punta non è assolutamente contemplato. Ecco perché per Alvaro ci sarà una seconda, e una terza, e una quarta (e così via) occasione. Fino alla fine del campionato, tantissima necessità attende un minimo di virtù.