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Un libro e un Salone. Doppia prima volta per Massimiliano Allegri, che da Torino presenta il suo "E' molto semplice", da ormai un mese nelle librerie di tutt'Italia. Ecco le sue dichiarazioni raccolte da IlBianconero.com.

DEDICA - "Sono emozionato. Il problema più grosso ve lo dico subito: dopo questa presentazione, devo andare a Livorno. Quando andrò al bar mi prenderanno in giro. Nessuno avrebbe scommesso un euro che avrei scritto un libro. Sono esperienze della mia vita. Il titolo? Me l'ha suggerito Ambra. E' una parola che dico molto, è concreto ed efficace. Semplificare e trovare soluzioni ai problemi è qualcosa d'importante. Il libro è fatto di 32 regole, è una parola che mi piace e non mi piace, abbiamo scelto questo numero perché è imperfetto. All'interno ci sono episodi e narrazioni, racconto quello che ho vissuto calcisticamente".

A LIVORNO - "Si gioca tutto. Soprattutto ai cavalli, a Livorno. Era una passione che ci hanno tolto. Scommettendo, un mio amico mi ha detto che sarebbe stato più facile allenare in Serie A che vincere un cavallo. Abbiamo vinto entrambi. Faccio sempre un paragone coi cavalli, loro sono animali e i giocatori sono uomini. Ma le similitudini ci sono. Ci sono giocatori che giocano tante battute, e anche loro devono andare al prato, vanno fatti riposare. Come gli anziani giocatori: rientrano e giocano, il cavallo rientra e corre. Ci sono i cavalli di cuore e i giocatori di cuore. Per raggiungere gli obiettivi, ci vogliono giocatori che buttano il cuore oltre l'ostacolo. Questo libro è venuto fuori così. Ogni tanto sono a casa, penso, oppure in ritiro o con un amico... e alla fine scrivo. Le similitudini mi servono anche nel lavoro. Il confronto e l'ascoltare è molto importante per me. Soprattutto, il capitolo 20: i collaboratori devono essere più bravi di me. Bravo a trovarli e fortunato a sceglierli. Ho uno staff importante. L'allenatore è 3 passi indietro ai giocatori - che vincono le partite - e avere uno staff che fa da contraltare. Ho delle persone opposte a me, altrimenti non potremmo lavorare insieme".

007 - "No, non mi sento 007. Ci vuole responsabilità, e da qui essere distaccato per avere lucidità nelle valutazioni da fare. Negli elementi bisogna valutare il lavoro e i ragazzi a disposizione. Importante non solo nel lavoro da allenatore. Non parlo di tattica, di tecnica. La sanno tutti, ci sono 60 milioni di allenatori in Italia... credo sia un libro da cui tutti i ruoli dirigenziali possono ricevere un insegnamento. Fa capire come si possono gestire certi momenti e situazioni. Io ho da gestire giocatori, un manager delle persone. Alla Juve abbiamo giocatori bravi, la società li sceglie bravi. Ora l'allenatore è più uno psicologo che un tecnico, che deve seguire il suo istinto. A volte mi fanno delle domande dove capisco d'irrigidirmi. Credo molto alla percezione della partita da parte di un allenatore, dall'esterno la sensibilità è fondamentale. Sono cose che non riesco a spiegare, o ce l'hai o non ce l'hai. Il resto è teoria. Durante la settimana prepari la partita, ma dico sempre che s'inizia la partita ma poi cambia tutto quello che hai preparato in settimana. Quello che ti viene dalla pancia, lo devi fare. Bisogna avere coraggio. Porto all'interno del libro un pezzetto dove c'è il gioco d'azzardo: quando devi puntare, devi farlo. Passa quel momento lì, non vinci più. Solo l'istinto ti aiuta. Solo se stesso va seguito. Non posso scimmiottare un altro".

FILOSOFIA - "Se c'avessero insegnato di meno, avremmo imparato di più. E' una frase sul muro di Berlino. Mi batto per questo e lo farò fino alla fine, per i ragazzi giovani. Vale nel calcio e nella vita in generale. Già noi genitori tentiamo di proteggere di più i ragazzi. I primi ad aver paura siamo noi, non i ragazzini. Non possiamo trasmettere insicurezze. Sono cresciuto e tanti di noi siamo cresciuti negli anni Ottanta. Ci sono gli extraterrestri, con smartphone o altre robe. Bisognava arrangiarsi, ingegnarsi. Fondamentale nella crescita. Adesso sono spariti i cortili, bisogna andare indietro al mondo che è cambiato. Ma non posso neanche vedere che ai bambini li mettono lì e fare passaggi a caso. Si azzerano la creatività e la voglia di ingegnarsi. Poi smettono di giocare e gli altri non pensano. E' questa la cosa più importante che i ragazzi devono imparare. Dobbiamo essere bravi pure noi. Non mi vergogno e non ho paura di proteggerli, ma faccio loro solo del male. Devo tenermi le mie paure e lasciarli fare, così imparano. Tendiamo ora a fare robe comandate, senza pensarci. Fare un passo indietro non è andare indietro di 40 anni, ma farlo per poi andare avanti. Come nella Juve: non può sempre vincere. La sconfitta ti aiuta a rialzarti e a ripartire, hai un'altra occasione. Non si può crescere, devi riscendere per poi risalire. Vale nella vita. Ecco perché bisogna cambiare. Per tornare al detto: è la regola più importante". 

GIOCATORI - "Son comodi. Vorrebbero quello che vogliono, ma devi avere la forza di dare loro ciò di cui hanno bisogno. Se fai quello che piace a loro, poi magari fanno la prestazione cattiva". 

LE 3 PARTITE - "Abbiamo giocato, quest'anno, belle partite. Poi per problemi legati a cose storte, come gli infortuni (pure strani), ci hanno danneggiato. Ma così leggo le partite. A Valencia siamo rimasti in 10 dopo 10', lì è venuto fuori il dna della Juventus, la squadra è stata in campo, attenta, aggressiva, ha voluto dimostrare che anche senza Ronaldo si può vincere. Ha qualità straordinarie, ma è venuto fuori il dna. Col Manchester è stata la miglior partita, meglio di quella con l'Atletico. Abbiamo fatto una buona partita, abbiamo sfruttato al massimo quanto creato. E sono tre partite diverse con tre interpretazioni diverse, per questo l'ho scritto, perché a Valencia bisognava giocare in un certo modo. Col Manchester abbiamo fatto partita bella, ma alla fine l'abbiamo persa. Dimostrazione che il calcio non è che se giochi benissimo, poi vinci la partita. Ci sono tante sfaccettature. Abbiamo dimostrato che non basta fare solo quella roba lì. Con l'Atletico tutto da guadagnare, giocata benissimo sotto tutti i punti di vista. Due vinte, e una partita persa: la migliore. Che ne so se il miglior giocatore fa una stagione del genere anche l'anno prossimo? Ogni situazione è diversa, come ogni annata. Io devo arrivare all'obiettivo a prescindere. Scrivo che l'obiettivo va raggiunto, lavoro in una società dove dall'inizio ci dicono che bisogna raggiungere gli obiettivi. Quindi devo avere una strategia che dev'essere finalizzata al'obiettivo. A Coverciano mi dissero: se devo uscire da quella porta, oggi posso passare in mezzo. Se trovo un muro? Faccio una curva, poi ne devo fare tre. Ma devo uscire comunque dalla porta. Obiettivo da raggiungere con delle strategie che possono essere cambiate in corsa. La sensibilità di chi è a capo è quella di capire i momenti delle persone. Quest'anno c'è stato qualcuno che ha fatto un'annata inferiore, magari l'anno prossimo sarà un'altra storia. Se raggiungo gli obiettivi non è un fallimento".

RONALDO - "A livello mentale è più forte degli altri. Trova obiettivi dentro se stesso. Ha vinto tutto, a 34 anni non può avere altri obiettivi. Lui sotto quest'aspetto è micidiale, ha sempre degli obiettivi personali. E ha una lucidità e una cattiveria calcisticamente parlando che ha dell'incredibile. Tutti abbiamo da imparare. Non capita sempre allenare al mondo. Un esempio:il sabato mattina o nella rifinitura facciamo la partitella, lui che dice di divertirsi, ma il divertimento è vincere la partitella. Nel libro ho scritto anche di Ibra. Gli ho spiegato: 'Cristiano, non sono tutti come te'. Il divertimento è anche il tacco, ma lui è maniacale. Lui è differente da tutti gli altri. Al Milan avevo Ibra, si arrabbiava perché gli sbagliavano a dare la palla. E allora gli dissi: 'Devi metterti a loro disposizione, se fossero tutti bravi come te...'. Il più bravo deve mettersi a disposizione di quelli meno bravi. A quel livello non ci può mai arrivare. Vale nella vita. E su questo, Ronaldo è molto bravo". 

CAZZEGGIO CREATIVO - "Lo vivo bene, stare attaccati 24 ore al lavoro - ma dipende da ognuno di noi - faccio fatica. Perdo istinto e lucidità. Dico che il lavoro è importante quanto il riposo, e alla squadra dico sempre che lui è un campione anche per questo: si accende e si spegne nel momento in cui va fatto. Arriva l'allenamento in cui c'è da fare, e lo fa. 10 minuti prima della partita, lo stesso. Risparmio energetico a livello mentale spaventoso. Ti permette di ottenere una performance per tutto l'anno. Non puoi stare attaccato sempre e comunque. Una squadra diventa meno battibile quando riesce a lavorare bene e quando c'è da accendere l'interruttore. E' un obiettivo. Si cazzeggia e si lavora, a tempo debito. Questa è la differenza tra una grandissima squadra e una squadra forte". 

IL MOMENTO PIU' BELLO - "In casa, con la Fiorentina, quando abbiamo vinto lo scudetto. Ieri ho letto una bella dichiarazione di Valverde, l'allenatore del Barcellona. Dice che tutto sembra normale, perché il Barcellona ha vinto un mese loro. E' normale che l'anno scorso ha avuto il sapore più bello, perché vinto all'ultimo tuffo. Come il City. A un'ora dalla fine c'era il Liverpool davanti. Ma il valore è lo stesso, non è meno importante. E' stato il giorno più bello, abbiamo centrato un obiettivo, la quinta per la mia gestione. Un traguardo straordinario, vincere non è normale, è difficilissimo. Quest'anno la squadra ha fatto durare il campionato trenta giornata. Più di 3 punti a partita non ci possono dare. Sono felicissimo di questo risultato e non vedo l'ora di festeggiare domenica sera. Ha vinto il 50% delle competizioni a cui ha partecipato". 

INFORTUNI - "Molto semplice, come nel libro: i giocatori non sono come le macchine, che l'accendi e parti. Sono dei ragazzi che consumano, giocando a certi livelli, come Spinazzola con l'Atletico, energie fisiche e mentali. Se non sei abituato, alla Juve, poi le paghi. Lui poi veniva da un infortunio lungo. Situazioni che ha pagato. Alla Juve devi avere un equilibrio mentale che non ti porta a nessun saliscendi. Se ce la fai di testa, pure se devi riposare, puoi giocare. Come a Rugani dopo Amsterdam. Al ritorno non ha fatto bene come l'andata. Devono giocare tanto per quei livelli lì, per le energie mentali che consumano". 

DOPO LE SCONFITTE - "Somatizzare le sconfitte non è semplice, sarei bugiardo. Dopo Madrid, in conferenza, ho detto: se avessimo giocato una settimana dopo, saremmo stati eliminato al 100%. Dovevamo metabolizzare e io dovevo lavorare con la squadra per recuperare infortunati. Subito dopo avevamo Bologna fuori casa e Napoli fuori casa. Non c'era da pensare a Madrid. Dovevamo avere la lucidità di vincere. Con l'Atletico è capitata una cosa straordinaria: metti da parte la difficoltà e abbiamo spinto sul campionato. Avevamo il tempo per una grande partita e una grande serata, com'ero convinto. Bravi i ragazzi. Ecco perché dico che il lavoro è fatto di passione, che è la prima cosa, ma devi comunque rimanere distaccato sennò perdi la lucidità. Se ti fai travolgere dagli eventi, sei morto. Cinico, ma è così". 

IL VERO MAX - "Di me conoscerà forse delle situazioni, e come gestire delle situazioni. Scrivo come sono io e come ho gestito quelle situazioni lì. Non è che tutti devono fare come ho fatto io. Siamo tutti diversi e abbiamo percezioni diverse. Non si scimmiotta, s'impara dalle esperienze. E poi si porta lì, come siamo noi e non com'è l'altro. Non posso gestire una situazione come fa il Prof, ecco. Questo è un libro sulle mie esperienze".