commenta
Una conferenza stampa speciale per Massimiliano Allegri, che lascerà la panchina della Juventus dopo cinque stagioni. Ecco le parole dell'allenatore (QUI QUELLE DI AGNELLI): "Ringrazio il presidente per le sue bellissime parole e i ragazzi (si commuove, ndr). Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente. Ci sono potenzialità per vincere ancora e fare una grandissima Champions. Quello che avevo in mente? Abbiamo parlato e discusso sui nostri pensieri e il bene della Juve. Dopo la società ha fatto le sue valutazioni ritenendo giusto che l'allenatore non fossi più io. Questo non cambia niente, il rapporto con Allegri, Nedved e Paratici è straordinario. Quando sono arrivato all'epoca c'era anche Marotta. Siamo cresciuti molto, tutti. Era il momento di lasciarsi nel migliore dei modi. Lascio una società solida con giocatori straordinari. Per vincere bisogna essere uomini prima di calciatori e la Juve ce l'ha. Lascio una società con un presidente straordinario. Fabio e Nedved che stanno diventando dirigenti importanti. Domani sera bisogna festeggiare due cose: una è la vittoria dello scudetto e una è l'addio di Barzagli. Il professore lascia senza nulla togliere agli altri. Dovremmo tutti festeggiare sono stati cinque anni straordinari".

ADDIO - "Nei rapporti professionali ci si può dividere. Non avevo chiesto rivoluzioni, a questo non siamo arrivati, abbiamo parlato di altro. Quando capisci che ti devi separare non c'è bisogno di dire altro. Questo è quello che è successo nelle famose riunioni. Una cena sono stato a cena a casa del presidente, mi avete seguito e mi avete trovato. Il presidente ha deciso, è un decisionista. E' molto più semplice di quello che sembra. Abbiamo fatto cinque anni straordinari e dobbiamo essere orgogliosi di questo. Sono contento ed emozionato perl basta perché domani dobbiamo festeggiare. Tutto il resto sono chiacchiere. La Juve partirà nel migliore dei modi con una squadra super".

BEL GIOCO - "Non ha pesato, è stato sempre un dibattito e un confronto con tutti. Da giornalisti a opinionisti. E' giusto che sia così. Alla fine di tutto devi centrare gli obiettivi che la società di pone. Abbiamo portato a casa un campionato e una Supercoppa. E' stata una decisione straordinaria. Tutto dipende dal risultato finale. Il risultato condiziona sempre tutto perché il risultato fa scrivere in modo diverso, io dovrò sempre analizzare la prestazione e non il risultato. Siamo in un momento bellissimo, domani dobbiamo festeggiare. Non sempre si può giocar bene perché farlo per 38 partite è impossibile. Quando giochi male e perdi perdi lo scudetto, devi saper vincere pur giocando male a volte. Se uno si accontenta di giocare bene e perdere questo non è roba che fa per me. Io a Cagliari alla prima esperienza ho fatto 0 punti in cinque partite. Dicevano che giocavo bene, ma non contava. In alcuni momenti giochi bene, in altri meno bene. Noi quando abbiamo fatto 15 vittorie nell'anno della rincorsa non giocavamo un calcio straordinario. Facevamo 2,3,4 occasioni ma eravamo solidi. Difendere non è vergogna. Noi la partita che abbiamo giocato a Cardiff non abbiamo perso perché loro hanno fatto più gol. In quella partita il Real ha difeso meglio di noi. Noi a Cardiff abbiamo difeso male e loro hanno vinto. Non ho capito cosa vuol dire giocare bene, io a 52 anni non l'ho ancora capito. Nella vita e nel calcio ci sono le categorie. Ci sono le categorie, se un allenatore non vince mai ci sarà un perché. Io al gabbione a Livorno i tornei li ho sempre vinti tutti. Altri no. Non c'è più mestiere, è tutta teoria".

ALLENATORE MANAGER - "In questi anni sono stato coinvolto nelle problematiche aziendali. Dall'organizzazione del marketing alla scelta dei calciatori. Io sono sempre stato etichettato come aziendalista e ne sono sempre stato fiero. Qualcuno che non capisce l'italiano mi ha scambiato per uno yes man ma non è così. L'ho fatto qui, l'ho fatto al Milan e un po' meno al Cagliari che è una società più piccola. In una società che fattura 500 milioni bisogna conoscere tutte le problematiche della società. L'allenatore deve esserne a conoscenza. Quando smetterò magari avrò un ruolo dirigenziale. Difficile ma è nella mia cultura conoscere cose nuove".

JUVENTINO - "Da picolo avevo il poster di Platini, quando ha smesso Platini ho smesso di essere un po' juventino. Mi affascinava perché pensava le cose un minuto prima degli altri. I miei tifosi mi chiamavano gobbo. Cosa vuol dire esserlo? Essere parte della famiglia, che ha un DNA ben preciso perché impari cultura del lavoro e disciplina. Sono stati anni di grande insegnamento perché io su certe cose sono un po' stravagante".

TIFOSI - "Non mi sono domandato perché non ho conquistato tutti. Sono stati tutti calorosi verso di me. Vivo di emozioni anche se non sembra. Non mi sono mai posto il problema, tutti d'accordo non li potevo mettere. Più ne avevo contro, ma non quelli dentro lo stadio, meglio era. Il giorno che sono arrivato a Vinovo c'era una grande contestazione. La mia prima immagine che ho avuto entrando all'ippodromo è stata quella del mio primo cavallo".

FUTURO - "Ora non so niente, ora so che domani dobbiamo andare in campo e festeggiare, poi vedremo. Una pausa potrebbe farmi bene. Dopo il 15 luglio magari avrò voglia di fare qualcosa ma questo non dipende da me. Dovrò avere la serenità di valutare certe situazioni. Altrimenti farò un anno lungo dove mi dedicherò a me stesso, ai mei figli, alla mia compagna e alla mia famiglia e ai miei amici che ogni tanto fanno del casino".