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Il problema è fisico o mentale? Come l’Amleto di Shakespeare il mondo Juve si interroga: “Questo è il dilemma”. Quale sia la radice del male, tocca trovarla ed estirparla, per far sì che la Vecchia Signora possa tornare dove gli compete ed evitare le figuracce collezionata nell’ultima parte della stagione in corso. In questo senso la dirigenza è corsa ai ripari dando maggiori responsabilità, e un ruolo più attivo e decisionale, a Giovanni Andreini che in estate è entrato in Juventus con il ruolo di Head of Performance.
 
Ma cosa c’è dietro l’etichetta appesa nell’ufficio del professore a lungo braccio destro di Donadoni? A spiegarlo c’è un altro collaboratore dell’ex ct azzurro, nella squadra cinese dello Shenzen, Massimiliano Maddaloni, intervistato da Tuttosport: “con l’allenatore definiva gli obiettivi tattici e fisici settimanali e mensili, poi programmava il lavoro per cercare di raggiungerli”. Ma cosa ha colpito la Juventus tanto da volerlo in organico per poi dargli maggiori responsabilità? “Ha creato un programma computerizzato – continua Maddaloni - in cui riesce a ottimizzare le performance di ogni giocatore abbinando parametri fisici e tecnici. E’ un programma sul quale continua a lavorarci, cercando di perfezionarlo e migliorarlo. Ha fatto anche un master alla Bocconi e ha tenuto un paio di lezioni a Coverciano per spiegarlo. E’ piaciuto tanto alla Juventus che il club ha deciso di portarlo a Torino”.
 
Nello specifico, ecco come funziona il programma ideato da Andreini: “Ci sono dei coefficienti legati a peso, altezza, struttura fisica, forza nelle gambe, muscolatura, capacità di corsa, aerobica, accelerazione e decelerazioni che vengono monitorati a ogni allenamento. Per ogni giocatore c’è un programma personalizzato, sul quale incide anche il ruolo: prima vengono fatti dei test che stabiliscono il punto di partenza e, in base alle caratteristiche del giocatore, si definisce la performance e attraverso quali esercizi arrivarci in rapporto con il lavoro tecnico-tattico dell’allenatore: a seconda delle necessità, si stabiliscono le metrature degli esercizi, tempi di esecuzione e di recupero. E devo dire che nello Shenzen il 90-95% dei giocatori centrava l’obiettivo”. E per chi non li centrava: “si compensava con un lavoro singolo a secco”.
 
La speranza, adesso, è che il lavoro di Andreini sia salvifico e possa rimettere in piedi una squadra apparsa completamente scarica. Dai muscoli alla testa e viceversa, è ora che benzina e orgoglio tornino a pompare e che la Juventus di Monza o quella vista contro il Benfica sia solo un lontano ricordo. Un incubo da dimenticare.