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Prima la Superlega per la Juve, ora solo la Juve. In 72 ore tutto è stato fatto e distrutto, così Andrea Agnelli si trova a costruire e ricostruirsi da zero. L'ultima polemica è arrivata da Londra, con il botta e risposta tra Agnelli ("Se sei squadre si fossero staccate e avessero minacciato la Premier League, la politica l’avrebbe visto come un attacco alla Brexit e ai loro schemi politici") e il portavoce del premier britannico Boris Johnson, che ha replicato: "Il primo ministro è stato molto chiaro sul perché era giusto che il governo intervenisse e contribuisse alla marcia indietro dei club da questa proposta. Il governo è stato unicamente motivato dalla importanza del calcio, che è nel cuore delle comunità di tutto il Paese".

Agnelli ieri è stato costretto ad ammettere il fallimento del progetto (almeno per il momento), non proprio nel momento migliore della sua gestione. Nonostante la vittoria contro il Parma, adesso deve fare i conti con un danno di immagine globale ma soprattutto nelle relazioni con le istituzioni e con gli altri club nazionali e non. Come scrive il Corriere, Exor smentisce in modo categorico le voci sempre più insistenti di un addio di Agnelli alla presidenza bianconera, che sottolinea di volersi concentrare solo sulla Juve. La mossa della Superlega è stata concordata con Exor e quindi con John Elkann, così l'esito finale non può essere imputato solo a lui. L'ombra di Alessandro Nasi, cugino di Andrea e John, oltre che compagno di Alena Seredova, resta quella più accreditata in fase di successione. Ma, scrive il Corriere: "Se dovesse vincere la «volata» tra cugini, Nasi non sarebbe un presidente in prima linea nella gestione sportiva: in questo senso, pensare a un ritorno a Torino dell’ex ad Beppe Marotta, per quanto lui stesso abbia smentito con forza l’ipotesi anche di recente, non è fantamercato: i rapporti con John Elkann sono eccellenti".