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Caro Direttore Bernardini,

il paragone che fai con le Idi di Marzo a proposito della Superlega è molto suggestivo. Bruto sarebbe reincarnato in Andrea Agnelli (QUI), ma Cesare chi è? Il luciferino Ceferin, che oggi parla di “avidità e di conti in banca” come se l’UEFA da lui rappresentata fosse un’associazione di beneficenza non legata al business, come se non ne sapesse nulla di una quanto meno discutibile applicazione del Fair Play finanziario? Oppure sarebbe la FIFA che benedice i mondiali in Qatar, organizzati su contratti lavorativi ispirati a quelli dei costruttori di piramidi?

Chi, dunque, il Cesare trafitto dalle coltellate dal Bruto Agnelli? Forse il calcio romantico? Quello della partita domenicale, dell’appartenenza municipale (negli anni ‘20, in pieno clima di lotte operaie, la partita fra Sporting Club Viareggio e Unione Sportiva Lucchese sfociò nella rivolta popolare delle giornate rosse, tramandata da un racconto ancor vivo di Mario Tobino)? O quello delle figurine Panini, del Calcio Minuto per Minuto, epico e domestico al tempo stesso? O ancora quello dei giocatori bandiera, della passione fisica che si vive solo in curva, dal vivo? Beh, tutti questi tipi di calcio non sono stati uccisi da Andrea Agnelli, ma da decine e decine di pugnalate ogni volta inferte dalla spettacolarizzazione, dalla riproducibilità tecnica (come si diceva con un termine che oggi appare desueto), dalle infinite possibilità di trasmissione e di fruizione, che lo hanno reso un prodotto sempre più ricco, complesso e globale. Il calcio, oggi, non da domani, è un business di fondi finanziari o di sceicchi o di magnati cinesi e americani o non è. O è frutto di alchimie finanziarie, di moltiplicazioni di sponsor, di diritti, di gare d’appalto per una miriade di utilizzi o non è. Certo sarebbe bello e auspicabile che ritrovasse la sua perduta semplicità, quell’affascinante alchimia di gioco e sport fusi insieme, ma chi può restituirla?

L’allontanamento dalla realtà, con conseguente finanziarizzazione del debito, connessa a rischio e scommessa è avvenuto anni fa: il Real e il Barcellona non hanno forse fondato il loro successo su enormi passivi? Oggi, il progetto Superlega presuppone esattamente lo stesso sistema fondato su iniezioni di denaro da reinvestire a rischio calcolato presupponendo una maggior spettacolarizzazione con conseguenti maggiori incassi. Vendere 4 o 6 volte nel giro di un anno Real Madrid-Bayern o Liverpool-Juventus significa incassare di più. Da quando in qua “pecunia olet” in un mondo che direttamente o indirettamente (vedi anche alla voce media e giornali) garantisce migliaia di stipendi grandi e piccoli? Se la NFL americana, con 300 milioni di appassionati nel globo, fattura a livello televisivo il doppio della Champions di calcio, seguita da più di 3 miliardi di tifosi, forse c’è qualcosa che non va. E come si può fare a recuperare questo valore dormiente? Offrendo partite del Villarreal o del Crotone (col massimo rispetto) oppure con più partite tra squadre di maggior spicco o blasone riconosciute in tutto il mondo?

Il fatto che siano pochissime le voci che non condannano a priori la Superlega dovrebbe far sorgere qualche sospetto. Il premier Draghi ha tuonato contro la Superlega “per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport”. Benissimo: cominciamo con l’abolizione del professionismo. Anche Salvini, Letta, Macron, Boris Johnson non ci stanno: sono tutti per la radice identitaria e comunitaria contro il business. Bene, allora che abbiano il coraggio di intervenire. Per esempio eliminare la libertà d’impresa per alcuni in un sistema che, per altro, invece la garantisce appieno a tutti gli altri.

Questa rinnovata crociata da parte dei potenti contro altri potenti ricorda, infine, qualcosa che la Juve dovrebbe conoscere molto bene ovvero l’accusa di vincere solo perché ha avuto e ha soldi. Il Campionato italiano non era forse diventato, dopo 9 vittorie consecutive, “il più noioso del mondo”? Ora, invece, sembra tornare d’incanto meraviglioso. Addirittura c’è chi lo rimpiange preventivamente. Metà Italia campa sul sogno di vedere radiata la Juve dal nostro Campionato e ora che se ne vuole andare che fa? Ci resta male?