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Il quattro di luglio che verrà, giorno del suo compleanno, rinuncerò con dolore ad una abitudine ormai radicata. Appena sveglio, prendere il telefono e chiamarlo a casa per fargli gli auguri. Conversazioni diventate nel tempo sempre più brevi seppur cariche di emozioni. L’ultima, l’anno scorso. Ciao presidentissimo, come va? La sua voce di sempre, squillante: “Un leone. Lo sai Marco che ho fatto un patto con il Padreterno. Lui mantiene la sua parola”. Poi lo sgomento. “Per favore mandami una tua fotografia, ti prego”. Sapeva con chi stava parlando, ma non riusciva più a memorizzarne la figura. Pensai che, probabilmente, quel “patto” celeste era ai titoli di coda e provai un senso di smarrimento.

Intendiamoci, novantatrè anni rappresentano una bella età e il fatto di doversene andare deve essere messo in conto tutti i giorni. Eppure rispetto a Giampiero Boniperti veniva da immaginare che fosse in grado di polverizzare ogni record umano e di abbattere persino la realtà della provvisorietà umana. Perché era unico. E’ stato unico, come ha ricordato anche Andrea Agnelli (QUI il suo messaggio). E per il calcio come personaggio e per la Juventus come presidente irripetibile. Ecco perché la prima delle cose che la società bianconera avrà il dovere di fare e anche in fretta sarà quella di intitolare ufficialmente lo stadio a lui prima che cominci il prossimo campionato rinunciando con dignità all’attuale sponsor. Una piccola cosa in confronto alle grandi cose che Boniperti ha fatto per la sua Juventus.

Dire di lui, ricordandolo, è l’impresa più semplice e più complicata allo stesso tempo che possa esistere. Un uomo illustrato da milioni di eventi e imprese, anche soltanto minimaliste. Non basterebbe un volume enciclopedico per narrarle. Fu e sarà la Storia del calcio. Oppure sarebbe sufficiente soltanto un “Grazie presidentissimo” per chiudere il cerchio. Una frase semplice e secca che racchiude l’intera summa bonipertiana. E lui, credo, sarebbe felice così perché non amava i fronzoli e detestava ogni forma di inutile chiacchiericcio. Lo voglio rispettare, come sempre ho fatto, rinunciando alle pomposità che la circostanza sembrerebbe richiedere. A dire di lui sono le cose rimaste del suo lavoro e del suo impegno in un mondo che soltanto alla fine prese direzioni opposte e diverse ma che continuerà per sempre a essere tracciato dalla sola filosofia che conta: il successo figlio del lavoro competente e dell’onestà intellettuale. Il resto è fumo.

A me resterà il ricordo di un grande amico, nel bene e nel male. Nelle sue sfuriate e nei suoi slanci di amore. Nel suo essere un silenzioso benefattore per i più deboli, nel suo diventare spietato nei confronti di chi tentava di gabbarlo. Nella sua grande dignità di sapersi fare da parte senza fare piazzate come quando venne cancellato dalla ”nuova” Juventus, nella forza e nel coraggio di rimanere punto di riferimento per coloro che ancora lo cercavano per imparare. Nel suo essere marito, padre e nonno esemplare “dentro e fuori dal campo” come amava dire. In una parola, nel suo saper essere il “presidentissimo”. L’unico, senza possibilità di ristampa.