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Gli sfottimenti tra tifosi, i vari “rosicamenti e controrosicamenti” fanno parte integrante del calcio. Così come la poco sportiva attitudine a godere delle sconfitte altrui. Condannati a questo penoso stato d’essere sono, da almeno 7 anni, parecchi sostenitori di squadre diverse dalla Juventus. Ma, appunto, che romanisti, interisti, milanisti e supporter del Napoli godano intensamente ogni volta che la Juve perde una finale di Champions o ne sia esclusa strada facendo, è ampiamente scontato e prevedibile.

Lo è un po’ meno il fatto che una significativa quantità di addetti ai lavori faccia dell’ antijuventinismo spinto, non solo la propria ragione di essere, bensì il senso della propria professione. Sostanzialmente, siccome non si ha molto da dire o non si raggiungono rilevanti risultati professionali, con poca fatica ci si esercita ad urlare allo scandalo ogni volta che i bianconeri vincono. Non parliamo di uno Scudetto o una Coppa Italia, ma di una gara qualsiasi. Una volta è una rimessa laterale negata agli avversari, un’altra un gioco pericoloso non rilevato o un fallo non fischiato ad essere determinanti per decretare un furto colossale da parte della Juventus.

All’inizio, in modo del tutto demagogico e massimalista, si diceva che, col Var la Juve avrebbe perso il Campionato, poi il Var, visto il risultato, è diventato filo juventino. Prima Orsato era il miglior arbitro italiano, ora è a libro paga a Torino ecc. Nessuno nota che nelle varie classifiche di errori a favore o contro, la Juve è, insieme alla Spal, la squadra che ha “subito” più torti.

Siccome, come diceva Curzio Malaparte con cinismo preveggente “l’importante è che parlino di me. Anche male” non abbiamo intenzione di nominare la modesta banda di “professionisti” frustrati che imperversa su televisioni, Twitter, Facebook e siti vari. Ma ci limitiamo ad osservare come queste persone non esisterebbero se non ci fosse la Juve. Erigendola a male assoluto si fanno paladini del bene, attaccandola. E, soprattutto, trovano il loro pubblico, perché la frustrazione è assai feconda.

L’esempio più fulgido di quest’atteggiamento ( dar la colpa ad un altro per coprire la propria insipienza) è stato Zeman. A quanto pare oggi ormai fuori dal circuito, l’allenatore boemo, noto per un generoso calcio donchisciottesco che non teneva in conto i risultati, invece di fare autocritica o di correre ai ripari, attaccava la Juventus, rea delle peggiori infamie. Soprattutto quando non c’entrava nulla. La Lazio, la Roma, il Napoli da lui allenate, solitamente di goal ne prendevano 5, ma ne facevano 3, e lui, gongolante perché le reti segnate erano belle e la sua squadra aveva attaccato incessantemente, criticava la Juve. A Roma, per questo motivo era un idolo: i tifosi laziali e quelli romanisti erano felici, non tanto per i risultati delle loro squadre, ma piuttosto perché queste ultime erano guidate da un cavaliere senza macchia e senza paura, che odiava quel mostro della Juve. In questo modo, Zeman si faceva un sacco di amici, deviava le critiche sul suo operato come allenatore e soprattutto riusciva a trovare un mercato per sé, nonostante i ripetuti fallimenti, cambiando rapidamente squadra. L’illustrazione perfetta del motto: “I risultati non pagano, l’antijuventinismo sì”.

La banda degli onesti professionisti del marketing antijuventino fa un po’ la stessa cosa ovvero attacca la Juventus per guadagnarsi la pagnotta, altrimenti non avrebbe altro da fare. E lo fa con poco lavoro e poca fatica. Mica male!