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Ma quale sarà mai il sortilegio che attanaglia Paulo Dybala? Prima: gioia dei nostri occhi; oggi: inquietudine dei nostri cuori. Perché dopo le ovazioni d’un inizio di campionato folgorante, ora arrivano i mugugni, le preoccupazioni e i patemi? L’opinione pubblica non esita a criticarlo, i tifosi dopo gli entusiasmi iniziali sono diventati guardinghi o, peggio, diffidenti.

Ad ogni partita arriva lo sconfortata diagnosi: zero goal. Ora non calcia più nemmeno i rigori, da fuori area scaglia tiri (tiretti) telefonati, spesso è in ritardo e la sua proverbiale agilità diventa testardaggine a scartarne due,tre, quattro per finire così nell’imbuto fatale delle difese avversarie. Quello sguardo una volta sbarazzino e ilare adesso sembra il corruccio d’un bambino preoccupato, d’uno che ci prova, ma non ce la fa.
 
Ma è davvero così? Ci sembra esagerato. Tutti i calciatori, Messi compreso, attraversano periodi di appannamento e se sapessimo perché, in assenza d’infortuni o patologie, il calcio sarebbe una scienza esatta. Dani Alves, (oggi pare il Solone del calcio con le sue critiche totali alla Juve) per un girone non solo non ha toccato palla (infortunio consentendo), ma addirittura non sembrava sapere cosa fosse un campo da calcio. Colpa di Allegri? Può darsi, ma dopo è tornato un campione con lo stesso allenatore. Platini idem: ci vollero più di 10 partite in Italia per fugare i dubbi che fosse un bidone.
 
 Dybala ha avuto tutto il tempo di ambientarsi, di eseguire acuti strabilianti, giocate sopraffine, divenire un gran giocatore, efficace e bellissimo da vedere. Tutt’a un tratto è un brocco? Affatto, ma da lui si pretende sempre di più e non si tollerano due rigori sbagliati di fila. Così arriva un diluvio di critiche.
 Esagerato! Il tutto appare esagerato.
 
Dybala anche se non segna, cambia la partita: vedasi contro la Sampdoria, contro cui per altro è stato autore di un goal. Il fatto probabilmente, è un altro. Prima di tutto gioca sensibilmente più indietro e corre quindi maggiormente arrivando stanco in area; poi sembra assumersi la responsabilità di cucire il centrocampo, smarcare Higuain e segnare almeno un goal a gara. Ma diventare una specie di giocatore a metà tra Cruyff e Messi è quasi impossibile. Un elemento fisico-tattico, quindi, che si aggiunge a quello psicologico (troppo campo e troppa responsabilità) sta alla base del periodo opaco di questo campione.
 
Il suo eterno retrocedere nasce dal fatto che il centrocampo della Juve è una coperta troppo corta: se propone non copre e viceversa. Questione di uomini e di disposizione. Tenerne due in quella zona non sembra più così proficuo. Meglio tre con Dybala e magari Douglas Costa più avanti.
 
Oppure, se proprio si vuole giocare la carta della sorpresa, lo si inserisca negli ultimi venti/venticinque minuti in avanti. Libero da troppi schemi e doveri ci ripagherà ampiamente. Forse in questo ha ragione Dani Alves.