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Delusi e anche un po’ tristi, ma non disperati. Grazie a Dio e a stelle misericordiose. La lunga notte bianconera ha rischiato seriamente di dover essere ricordata come quella di una nuova mattanza per Torino. E’ andata di lusso. “Soltanto” mille e passa feriti dei quali otto in maniera grave ma, almeno per il momento, non in pericolo di vita.

Tra poco la Juventus atterrerà all’aeroporto Sandro Pertini di ritorno da Cardiff. Giocatori e dirigenti avrebbero potuto trovarsi di fronte a una città in lacrime devastata dal dolore ovviamente non perché loro avevano soltanto sfiorato la Champions arrendendosi al Real, ma perché mentre erano in campo Piazza San Carlo si era trasformata in un girone dell’inferno dal quale trentamila persone tentavano disperatamente di fuggire.
Nessuna festa sportiva, come era nei progetti in caso di successo, ma neppure lutto cittadino e anche nazionale. Soltanto un senso di sgomento per ciò che sarebbe potuto accadere e qualche candela da accendere in Duomo accompagnata da un “Avemaria” per i feriti ricoveranti negli ospedali.

Alcuni di coloro che si trovavano nella Piazza del “Caval ‘d bronz” confessano di aver riprovato le medesime e orribili sensazioni vissute all’Heysel. Altri raccontando di aver percepito l’odore acre della morte che già ebbero a “sentire” in un tardo e piovoso pomeriggio di febbraio nel 1983 quando il cinema Statuto andò a fuoco e in quel rogo morirono 63 persone.

Pare essere il destino maledettamente cadenzato che perseguita la città di Torino la quale talvolta viene costretta a coniugare quello che dovrebbe essere un giorno di festa popolare con le lacrime figlie della tragedia in un certo periodo storico addirittura quotidiane provocate dal terrorismo delle Brigate Rosse o dagli assassini neri. Eppure in ciascuno di questi terribili casi il “nemico” aveva un’identità precisa. Il fuoco e la superficialità umana per ciò che accadde allo Statuto. La bestiale violenza alcolizzata degli hooligan inglesi a Bruxelles. La cinica e barbara volontà di uccidere per finalità “politiche” dei nuclei armati. Insomma “l’assassino” non era ignoto.

Ciò che è accaduto in Piazza San Carlo, invece, porta a considerare quanto disastrosamente liquidi e persino impalpabili siano i tempi che stiamo vivendo i cui giorni e le ore vengono scanditi dalla paura di dover avere paura. Non si tratta di un gioco di parole ma di una perifrasi che può tranquillamente venir sintetizzata da un termine molto preciso ovvero quello di psicosi.

Il “botto” che la gente ha udito nella piazza, salvo notizie differenti da quelle ufficiali, è stato provocato dal cedimento di una transenna portante nel sottosuolo dove ci sono i parcheggi per le automobili. In quell’istante nessuno ha pensato ad un evento accidentale e qualcuno ha gridato alla bomba scatenando il legittimo panico nei trentamila presenti e il conseguente caos provocato dal desiderio di fuga. Pensando a questo mare umano “impazzito” dal terrore davvero dobbiamo ringraziare tutti i santi del paradiso se oggi non ci troviamo a elencare un lungo numero di vittime.

Proprio pochi giorni fa scrivevamo sul IlBiancoNero.com di quanto fosse indispensabile che ciascuno di noi difenda con ogni mezzo, anche mentale, i suoi giorni dell’innocenza dall’invasione violenta e barbarica di coloro i quali oltre alle autobombe e agli sgozzamenti pubblici usano la paura come arma impropria per violentare quotidianamente la nostra società. Ciò che è accaduto a Torino non è certamente frutto del terrorismo (e mi rifiuto di pensare che qualche demente abbia fatto esplodere un petardo in mezzo alla gente) ma è il prodotto di un virus egualmente nefasto e micidiale che, purtroppo, ci è entrato dentro come un “Alien” e che ci spinge a reagire in maniera sconsiderata e drammatica anche quando non vi sarebbe motivo. Si tratta esattamente di quel che vogliono “loro”. I sacerdoti del terrore che compaiono all’improvviso  anche quando sono soltanto fantasmi creati dalla nostra paura di dover aver paura.


Caos a Torino: leggi la testimonianza del nostro inviato in Piazza San Carlo.