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Sbuffa Luis Enrique, quando gli ricordano la sconfitta a Malaga e le presunte spine nel fianco dello spogliatoio catalano: “Nervosismo? Non da parte del Barcellona. Pure i giornalisti possono essere un po’ nervosi a volte”. Il momento è delicato e si vede. Lo si percepisce nelle espressioni di Lucho, nelle parole dell’uomo che dalla prossima stagione non siederà più sulla panchina. Dal suo arrivo nel 2014 il Barça può contare su 8 titoli in più nella sua bacheca. Eppure l’immenso tourbillon blaugrana non ha risparmiato neppure lui: a giugno sarà addio, ma prima l’obiettivo rimane lo stesso. Vincere tutto, anche stringendo i denti, anche sbuffando. Perché il malumore che attraversa la mente del tecnico campione di Spagna è fin troppo chiara. Ma cosa si nasconde dietro quelle risposte secche, dietro quel silenzio scocciato di fronte ai riferimenti ai giocatori ammoniti e all’imminente clasico?

GIOCATORI E ARBITRI - I proiettili di Luis Enrique sono, prima di tutto, riservati alla stampa spagnola. Quella che, dopo il 2-0 subito dal Malaga, ha parlato di “Mazazo”, puntando l’indice contro l’arbitro Gil Manzano ma soprattutto contro la prestazione del Barça. Un bersaglio su tutti: Neymar. Lucho insorge, definisce la situazione “patetica”. Da bravo comandante, si chiude a riccio insieme ai suoi soldati. Nessuno escluso, neanche il fischiatissimo Andre Gomes, pagato 35 milioni più 20 di bonus l’estate scorsa e rivelatosi la vera delusione della stagione: “Può giocare, io difendo i miei uomini. E’ ingiusto parlare sempre di un giocatore dopo le sconfitte”. Del direttore di gara dell'ultimo match di campionato aveva già avuto occasione di discutere ("Non so come abbia fatto a non vedere il rigore netto"), ricevendo tra gli altri anche il rimprovero di Andres Iniesta. "Se si parla di arbitri non andiamo da nessuna parte", aveva sentenziato il centrocampista spagnolo. Ennesimo schiaffo ricevuto da Lucho, dolorosissimo proprio perché proveniente dal leader indiscusso della formazione blaugrana. 

LA LIGA - Vero è che l’occasione sprecata alla Rosaleda ha segnato una cesura forse incolmabile tra l’allenatore asturiano e il mondo blaugrana. Con il pareggio del Real Madrid nel derby che si è trasformato da opportunità a condanna, il Barcellona si giocherà la Liga al Bernabeu con tre punti di svantaggio in classifica sui rivali di sempre. Un brutto segnale, per una squadra che dopo il tracollo al Parco dei Principi sembrava aver ritrovato le proprie ambizioni. E invece no: dopo la clamorosa remuntada contro il PSG è arrivato lo scivolone in casa del Deportivo. Montagne russe che non fungono certo da propulsore alla serenità di Luis Enrique.

LA CHAMPIONS - A questi dubbi si aggiunge poi la preoccupazione di perdere anche il treno per la Champions League. Perché dopo l’uscita per mano dell’Atletico Madrid della scorsa stagione, il Barça si troverà ad affrontare un’altra squadra che fa della fisicità e dell’attenzione difensiva i propri cavalli di battaglia. E lo farà senza l'ausilio di Sergio Busquets, squalificato, in mediana. “Allegri vi dirà cosa farà lui, noi quello che faremo noi” sbotta Luis Enrique. Che nonostante abbia più volte ripetuto che il match di domani non sarà una rivincita di Berlino, a quella finale del 2015 ci avrà pensato eccome. Non siamo più in Liga: fare più di 4 gol a questa Juventus sarà un’impresa a dir poco ardua. “Meglio la Juve oggi o quella di due anni fa? Non lo so, chiedete al suo allenatore”. Un’altra risposta secca che sottintende un mal celato desiderio: “Più forte o meno, speriamo che il risultato sia lo stesso della finale”. Per lasciare il Barcellona da vincente, salutando nel miglior modo possibile - e con una punta di scherno - i critici di queste settimane.


@mcarapex