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Mirco Antenucci, capitano e volto della Spal, si racconta a La Gazzetta dello Sport, nel giorno della sfida alla Juventus. I passaggi più importanti dell'intervista a partire da nome e soprannome: "Mirco con la c: ci ho messo un po’ a farlo capire, ma qualcuno sbaglia ancora... Il soprannome è Lupo: me lo diede Mora nello spogliatoio. Come sono cresciuto a Roccavivara? 
Per strada. Io sognavo di fare il calciatore e il primo stadio sono state le vie del mio paesino da meno di mille abitanti. C’era poco traffico e allora tutti a giocare: era bellissimo. Nel Molise si nasce, ma poi si va via. Io sono orgoglioso di essere un po’ il portabandiera della regione. Da noi non è facile diventare calciatori: poche infrastrutture, zero società professionistiche. Mio padre mi portava a Vasto, in Abruzzo. E poi mi prese il Giulianova. Ma io sono un calciatore di strada, ho cominciato sull’asfalto del paese. E sono convinto che ai bambini di oggi servirebbe la strada: lì si impara più in fretta, crescono le doti tecniche ma anche quelle caratteriali, ci sono confronti, il più timoroso deve rapportarsi con quello più aggressivo. Ti arrangi e questo ti aiuta".

"15 anni dall'esordio? Avevo i capelli lunghi e non sapevo cosa aspettarmi: avrei sfondato o sarei rimasto nel limbo della C? Zenga mi fece esordire in A col Catania, ma poi le cose non andarono come speravo e cominciai a girare. Nel Torino di Ventura vissi un anno bellissimo con la promozione in A: quello fu forse il crocevia della mia carriera, speravo di essere riscattato dai granata e invece tornai al Catania. E da lì, altri prestiti".

"Inghilterra? Benissimo. A Leeds vivono il calcio come nelle nostre città del Sud. L’entusiasmo è sempre altissimo nonostante la squadra sia in B da anni".

"Serie A? Avevo 29 anni e non ci pensavo più alla A: un limite caratteriale, certo. Magari ho pagato un po’ l’etichetta di attaccante di categoria, che in fondo non mi spiaceva nemmeno. Forse non credevo tanto in me stesso, ma la realtà è che chi segna tanto in B segna anche in A se gli danno il tempo di giocare. Leeds, se avessi segnato 12 gol al secondo anno, avrei avuto il rinnovo automatico. A dicembre ero già a 8 e allora Cellino, proprietario del club, impose di non farmi più giocare. Riuscii comunque ad arrivare a dieci prima di tornare in Italia".

"Girovago? Avrei preferito fermarmi perché non è semplice cambiare ogni anno città, società, compagni, categorie. Per fortuna la mia famiglia mi ha sempre sostenuto. Le due bimbe sono nate in Inghilterra. Ma a Ferrara ho messo radici, lo dimostra anche il rinnovo appena firmato fino al 2020".

"Spal? All’inizio non era così, ma ho creduto nel lavoro e mi sono ritagliato uno spazio importante. Quando in estate sono stati acquistati Borriello e Paloschi, io ho ricevuto un’offerta importante dalla B. Mi sono chiesto se potessi ancora essere importante per la Spal e mi sono risposto di sì. Per fortuna lo sto dimostrando".

"Juve? Confrontarsi con tutti quei campioni è bellissimo, non vedo l’ora di scendere in campo. Sono fortissimi, ma poi le partite vanno giocate e ci sono tante variabili. Della Juve mi impressiona la voglia di vincere: a tutti capita la volta in cui sei meno carico, a loro mai. E poi hanno il vizio di non prendere gol... La fascia da capitano sarà ancora più bella? Sì, è un motivo di orgoglio. Io non sono un capitano chiacchierone, ma cerco di dare l’esempio con il comportamento. Le cose vanno fatte bene, questo è il mio insegnamento ai giovani".