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Certamente una tra le più belle e interessanti interviste quella rilasciata da Massimiliano Allegri per gli spettatori di Sky. Un’esternazione a cuore aperto e spogliata, per quanto fosse possibile, dalle canoniche banalità delle cose stradette e strasentite. Valutazioni differenti, giuste o opinabili, ma mai presuntuose. Il tecnico, al pari di ciascuna persona provvista di buon senso, sa perfettamente che nessuno è depositario della verità assoluta. In sostanza, un lungo e ben ragionato intervento che immagino abbia provveduto ad avvicinare ancora di più la gente alla persona Allegri in quanto ad empatia.

Pur concordando in linea di massima con il “maxpensiero” un argomento specifico toccato dall’allenatore bianconero non soltanto non mi ha convinto ma, riflettendoci bene sopra, mi trova in disaccordo. Si tratta di quando Allegri, rammentando il suo arrivo “difficile” alla Juventus, fa una disamina sul suo predecessore e afferma che la vera forza del triennio precedente non era rappresentata da Antonio Conte ma dalla Juventus in quanto tale. Lì per lì ho ripensato a quanto mi aveva detto un giorno Francesco Morini che era una colonna della Juve trapattoniana senza rivali in Italia. “Questo ti prego di non scriverlo altrimenti mi incasini, ma io sono certo che noi potremmo allenarci da soli tutta la settimana e poi la domenica andare in campo e vincere come stiamo facendo anche senza la presenza di Trapattoni”. Mi permisi di dirgli che non la pensavo così. Ognuno di noi rimase della propria opinione e amen. Sono di ben altra natura i problemi seri della vita.

Così come accadde quel giorno, oggi allo stesso modo e con eguale convinzione ho la pretesa di dire che Allegri si sbaglia quando, seppure con toni molto educati, sminuisce la figura di Antonio Conte restringendo i meriti che il suo collega ha avuto nel corso del favoloso triennio poi replicato dallo stesso allenatore livornese. Non solo, dicendo quelle cose Allegri fa torto anche a se stesso e, in buona sostanza, alla categoria professionale alla quale appartiene. Il perché, naturalmente a mio avviso e perciò criticabilissimo, mi pare molto semplice.

Fermi restando il valore intrinseco della Juventus e l’abilità di coloro che hanno saputo assemblarla in maniera quasi perfetta, la realtà dei successi ottenuti in queste ultime stagioni non possono essere slegati dall’abilità e dalla competenza dei “driver” di una “macchina” pure bellissima e all’avanguardia ma comunque non in grado di vincere da sola.

Sarebbe come dire che le Ferrari delle stagioni leggendarie facessero il vuoto per merito degli ingegneri, dei meccanici e dei presidenti e non perché seduti a bordo ci fossero Lauda o Schumi. Una sinfonia suonata da una grandissima orchestra diretta da Toscanini non sarebbe stata mai di egual potenza se sul podio del direttore si fosse trovato un maestro qualunque. I capolavori della Cappella Sistina sono tali perché frutta della grandezza michelangiolesca e non per la buona qualità del materiale usato per dipingere. Un grande romanzo o una lirica eterna nascono non mischiando le parole ma per l’abilità e talvolta il genio di chi sa domare quelle stesse parole. Ecco perché Allegri ne ha detta una di troppo. Tra l’altro a suo discapito.