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Gianbattista Scugugia è uno dei pochi calciatori in Italia ad aver conosciuto da vicino, sul campo, sia Sarri che Allegri. Il tecnico dei partenopei l’ha allenato alla Sangiovannese in Serie C2 quando Scugugia era a fine carriera e Sarri invece sedeva per la prima volta sulla panchina di un club professionistico. Con Allegri ha condiviso lo spogliatoio ad Agliana negli ultimi anni da calciatore del tecnico bianconero. Scugugia, ora tecnico del Romagna Centro Martorano, era anche in campo nel 2003 nel primo match di sempre tra i due tecnici che domani si giocano lo scudetto. “Si vedeva che Allegri sarebbe diventato un allenatore perché lo era anche in campo – ci racconta Scugugia -. Dove non arrivava il mister arrivava lui. Sarri era alla sua prima esperienza da professionista, era a inizio carriera ma è stato l’allenatore che mi ha insegnato più di tutti. Lavorava in ogni minimo particolare non lasciando niente al caso.”

Lei li hai conosciuti da vicino. Ci racconta come sono, davvero, Sarri e Allegri sul terreno di gioco?
“Io ho avuto Sarri a fine carriera, dopo aver giocato in Serie B e Serie A. Dissi subito che se lo avessi avuto prima avrei fatto una carriera molto diversa anche se la mia carriera è stata buona. Sarri era alle prime armi e a volte esagerava pure. Esasperava troppo, voleva quasi la perfezione e si sa che nel calcio si fa fatica a trovarla. Io un lavoratore e una persona così preparata non l’ho mai trovata. Per me non è una sorpresa vedere dove è arrivato. Max invece, essendo stato un giocatore, ragiona diversamente. Lavora diversamente. Da quello che ho visto quando era calciatore, da quello che ho percepito, lui lascia andare qualcosina, ogni tanto rallenta, lascia respirare. Non stressa molto i calciatori. Ogni tanto quando giochi a calcio devi anche abbassare la guardia. Non che non devi allenarti al 100% però magari c’è la settimana in cui sei arrivato al massimo e c’è da sdrammatizzare. Allegri questo sa farlo certamente molto bene.”

In cosa sono diversi?
“Sarri per me è il massimo. Lo conosco e per me nessuno riesce a inculcare nella testa dei calciatori i concetti come fa lui. E’ il top, ci metto la mano sul fuoco. Allegri anche da calciatore era molto estroso, anche negli allenamenti. Per Allegri parlano i numeri e le vittorie. La gente dice che ha fortuna. La fortuna è quando vinci una, due, tre partite di fila. Quando vinci per quattro, cinque anni di fila sei bravo, non fortunato.”

C’è un aneddoto che ricorda dell’Allegri calciatore?
“Quando preparavamo le partite era davvero incredibile. Io avevo 32 anni quindi avevo già esperienza e preparavo le partite in un certo modo. Mi concentravo, stavo tranquillo, preparavo le mie cose e facevo tutto con calma. Max invece a 40 minuti dall’inizio della partita era ancora in campo che parlava con la gente. E tutti dicevano: ‘Ma oggi Max non gioca?’. Mancavano cinque minuti all’inizio del riscaldamento e lui era sempre in campo, tutta la squadra era pronta ma dovevamo aspettare lui perché lui ancor era fuori. Questo era lui. Aveva però un’intelligenza tale che una volta in campo era già pronto. Alcuni giovani volevano copiarlo ma non se lo potevano permettere. C’erano state anche delle discussioni con l’allenatore che diceva ai giovani che lui poteva anche non scaldarsi e avrebbe giocato comunque bene perché aveva questa grande intelligenza e bravura nello stare in campo. E’ una dote naturale. Io mi ricordo che noi a volte eravamo lì per uscire dal tunnel e lui arrivava con la sua parlata in livornese e urlava: ‘Oh aspettate un attimo che mi cambio!.’”

Fuori dal campo invece?
“All’Aglianese il presidente ci aveva dato una villa enorme e io ci vivevo con Giovanni Rossi, l’ex direttore sportivo del Cagliari, e Max. Penso che Allegri  l’abbiamo visto tre volte in appartamento con noi. Era sempre via, sempre a casa a Livorno. Lo ricordo con grande affetto. E’ una grande persona. Lo scorso anno ci ho parlato, mi ha fatto piacere sentirlo. Gli ho augurato tutto il bene del mondo perché se lo merita.”

Vede analogie tra l’Allegri calciatore e quello in panchina?
“L’Allegri calciatore si vede anche in panchina. Anche da calciatore quando si arrabbiava si arrabbiava per davvero. Ora lo fa di più ma è normale perché il suo ruolo è più importante. E’ in una squadra top del mondo ed è normale che le pressioni siano alte. La cosa bella di Allegri è che se deve dirti una cosa te la dice in faccia. E’ la persona più schietta che abbia mai conosciuto. Ricordo (ride ndr) che odiava quelli che andavano in panchina con il cappellino. Arrivava e diceva: ‘Ora basta che uno si mette un cappellino in testa e diventa allenatore.’ Max è stato calciatore, la sua bravura è che riesce anche a sdrammatizzare nei momenti giusti. Lui e Sarri sono persone che si meritano di essere li dove sono.”

Lei eri in campo con la maglia della Sangiovannese nel primo match di sempre disputato tra i due tecnici. Stagione 2003/04, Sangiovannese-Aglianese.
“Fu uno 0 a 0 di quelli brutti, di quelle partite con poche occasioni. Una ce l’ho avuta io di testa perché si sa che Sarri è molto bravo nelle palle inattive. La partita è stata molto bloccata e giocata tatticamente. Si vedeva già da li che i due allenatori promettevano molto, molto bene.”

Vede qualche analogia tra quella partita e la partita di domani?
“Il Napoli è ancora indietro per vincere il campionato. Sento dire da inizio anno che questo è l’anno del Napoli ma la Juve, a prescindere dalla sua storia, ha un programma da 20-30 anni. La Juve è abituata alle vittorie. La Juve può spendere e prendere i calciatori top. Poi alla fine se la giocheranno ma nel calcio vengono fuori le qualità dei calciatori. Una, due, tre partite di fila le puoi vincere, ci può stare, ma alla lunga vengono fuori i valori e alla lunga la Juve per me è la squadra più forte che c’è in Italia. Per me è avanti di 10 anni rispetto a tutti. Il Napoli ha iniziato a costruire da quando è arrivato Sarri che infatti ora – leggo – vuole i campioni. Non se De Laurentiis è disposto a prendere 3/4 giocatori importanti, perché solo uno costa 60 milioni.”

E qui arriviamo al futuro dei due tecnici…
“Sarri lo vedo in un top club. Vorrei vederlo gestire calciatori già fatti. Tanti lo criticano perché fa giocare sempre gli stessi. Io ricordo che anche alla Sangiovannese lui puntava su 13-14 giocatori e noi la formazioni la sapevamo dal martedì. Lui è così. La differenza la fanno i cambi, se non sono all’altezza lui non li fa giocare. La Juve ha 24 giocatori che sono tutti uguali. Per questo Sarri, da quello che ho capito, vuole top player. Lui non si accontenta, vuole vincere. Lo conosco troppo bene non gli piace arrivare secondo. Lui sa che non può permettersi di arrivare primo. Solo il tifoso da bar non capisce che sta facendo i miracoli. Non so se è l’ultimo anno, ma per me Sarri va via perché è uno da top. Con tutto il rispetto per il Napoli, il mister merita palcoscenici ancora più importanti. La sua bravura è che da ogni giocatore tira sempre fuori il massimo.”

Cosa deve temere la Juve del Napoli di Sarri?
“Lui ti dà un’autoconvinzione che tu ti senti il migliore al mondo. Ha questa bravura. Quando vai in campo lui ti ha detto vita e miracoli di quelli che hai contro. Lui vive per il calcio. Quando scendi in campo tu sai già tutto: sai quello che devi fare tu e quello che farà l’avversario. Questa è la sua forza. Rispetto a prima tira un po’ meno la corda. A volte nel calcio devi cercare di sdrammatizzare in certe cose e anche in questo credo sia migliorato.”

@lorebetto
 
Nella nostra gallery dieci cose da sapere su Juventus-Napoli.