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Le emozioni, figlie dei buoni e sani sentimenti, non sono biodegradabili. Sono, semmai, come le “nuvole” di Fabrizio De Andrè. Vengono, vanno e poi ritornano. E quando ritornano si fermano per un poco di tempo a restituirci, sotto forma di pioggia, ciò che noi avevamo prodotto con i nostri pensieri.

Giovedì quelle “nuvole” si erano idealmente posizionate nel cielo sopra Firenze e avevano assorbito un’onda di vibrazioni, in arrivo dalla basilica di Santa Croce, talmente potente da stupire persino gli angeli che le cavalcavano. Un ciclone di amore autentico che, mischiandosi con la pulsione di un dolore altrettanto sincero, spazzava via l’immagine della solita umanità litigiosa e faziosa.

Un piccolo miracolo laico realizzato, suo malgrado, da colui che fino a qualche giorno prima aveva rappresentato l’èlite di quelli che sono i cavalieri senza macchia e senza paura per i nostri week end circensi quando è il pallone a determinare le ansie e le speranze di una comunità frammentata e divisa in schieramenti che troppo spesso portano alla guerra piuttosto che al divertimento. Ebbene, in quel momento, grazie al “sacrificio” di Davide Astori anche la più nascosta delle barriere veniva demolita permettendo di vedere soltanto un immenso prato verde senza confini sul quale poter correre tutti insieme tenendosi per mano.

Senza indulgere minimamente alla retorica delle frasi fatte e degli atteggiamenti sottilmente ipocriti l’intero mondo del calcio, giovedì, era stato rappresentato dalle delegazioni di protagonisti celebri ma anche minimalisti e soprattutto dai tifosi non solo viola perché il dolore e il rispetto avevano saggiamente deciso di compattarsi sotto un’unica bandiera con tutti i colori dell’arcobaleno. Questo avevano raccolto le “nuvole” prima di andarsene per trasformare dentro il loro ventre quelle emozioni in pioggia. Ora stanno tornando e si posizioneranno, idealmente, nella parte di cielo sopra gli stadi del nostro week end calcistico. Ciascuno di noi, non solo la gente del “Franchi” a Firenze, dovrà provare il bisogno e il dovere di alzare il capo e di osservare il cielo. Potremo, tutti insieme, vedere far capolino non soltanto il volto dell’ultimo sfortunato eroe Davide Astori ma anche quelli di tutti che l’hanno preceduto verso la destinazione paradiso e che, durante il loro percorso terreno, sono stati da esempio e si sono battuti per quel calcio da loro tanto amato e anche tanto diverso da quello che con troppa disinvoltura spesso mortifichiamo.

Non deludiamo, almeno in questi giorni, Davide Astori e i suoi amici siano essi colleghi del neo angelo o semplici “uomini qualunque” e cioè tifosi magari caduti nei luoghi della loro passione. Regaliamo al capitano e a tutti quelli che come lui hanno amato tantissimo un calcio “diverso” perché sano e solidale un week end degno dei loro sforzi e dei loro sacrifici.

@matattachia