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Se a Carlitos Tevez, ormai in Cina e impegnato a tentare di far grande il calcio nascente, avessero letto la formazione con la quale la sua ex Juventus sarebbe scesa in campo per affrontare la Lazio sicuramente il bomber si sarebbe chiesto se, per caso, la società bianconera avesse cambiato allenatore anzitempo. Era stato proprio lui, infatti, a lasciarsi sfuggire dalla bocca quel “cagon” che traducendo il labiale le telecamere avevano inviato in tutto il mondo. Allegri lo aveva “prudentemente” sostituito e lui aveva interpretato quella scelta tattica come un segno di debolezza palese del tecnico. Per la verità il giudizio sicuramente troppo pesante era stato condiviso da gran parte del popolo bianconero il quale ha sempre digerito con grande fatica ogni tipo di atteggiamento rinunciatario.

In molti si sono dunque stupiti quando lo speaker dello “Stadiun”, prima della partita contro la Lazio, ha annunciato la formazione di una Juventus “inedita” della quale facevano parte tutti i "grandi tenori" disponibili perdipiù in una volta sola. Essendo il nostro un popolo incline a cambiare opinione e giudizio più di quanto sia necessario fare con i calzini, ecco che si levavano gli evviva e gli hurrà verso Allegri l’impavido e novello “cuor di leone” che aveva deciso di osare il fin qui inimmaginabile pur di rimettere la macchina bianconera in pista dopo il testacoda di Firenze. Le cose, in effetti, sono andate secondo progetti e desideri. Lazio presa a ceffoni, ma non massacrata, e tre punti preziosi in classifica come messaggio a coloro che inseguono e che legittimamente non hanno alcuna intenzione di mollare.

Francamente ho provato stupore per chi si è stupito. Allegri, infatti, si è reso semplicemente autore di ciò che ciascun buon allenatore degno del ruolo professionale che ricopre avrebbe fatto molto tempo prima . Piazzare sul tavolo da gioco, cioè, tutte e insieme le carte vincenti che la società gli ha messo a disposizione fin dall’inizio della stagione. E’ come se un regista rifiutasse un cast con quattro mattatori ingaggiato dal produttore, per realizzare un kolossal, e ne lasciasse due dietro le quinte. Un evento, quello che il popolo bianconero ha potuto ammirare contro la Lazio, che trascende sicuramente l’idea del “cagon” ma che allo stesso tempo non evoca immagini di particolare coraggio. Una scelta di buon senso e basta che riporta Allegri nel pianeta dei professionisti bravi e anche furbi. Proprio come quando Giovanni Trapattoni il quale, pur non essendo un offensivista secondo le lezioni del suo maestro Nereo Rocco, non si preoccupò mai di scegliere tra Boniek, Platini, Paolo Rossi e Bettega. Per rispetto del calcio che deve essere spettacolo. Per il buon nome della Juventus tenuta per tradizione a fare spettacolo. Al massimo, dunque, Allegri oggi dovrebbe dire: “Scusate il ritardo”.

@matattachia