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L’intero popolo bianconero avrebbe il sacrosanto diritto di poter concentrare la propria energia e dirigerla verso la “classica” in programma domani sera allo “Stadium” tra Juventus e Milan. Una partita che, specialmente per i ragazzi di Massimiliano Allegri, possiede una valenza la quale potrebbe anche non tenere conto dell’importanza pratica rispetto alla corsa per lo scudetto se di mezzo non ci fosse un elemento morale come l’orgoglio. Il Milan, nel corso di questa stagione e in particolare a Doha, è l’avversario che ha fatto più male ai bianconeri. Rimediare, domani, al gap subito è dunque motivo principe per rimettere le cose a posto anche a livello di prestigio. Ecco perché ogni tipo di distrazione dovrebbe essere bandita, fin dalla vigilia. Allegri, sicuramente, farà la sua parte nel lavoro di schermatura e i giocatori avranno soltanto da soddisfare il pensiero della vittoria. Per la piazza bianconera il discorso sarà diverso, almeno sotto il profilo mentale.

Piccoli coni d’ombra, infatti, stanno oscurando alcuni angoli più o meno nascosti dell’ambiente juventino. Oscurità, francamente inattese, che potrebbero allungarsi e dilagare sino a provocare un buio sociale inaccettabile per una struttura come la Juventus e proprio nel corso della stagione che potrebbe produrre frutti meravigliosi a livello sportivo. La necessità di fare chiarezza immediata, con onestà intellettuale e per rispetto della gente tifosa, è dunque un dovere per coloro che vivono all’interno della stanza dei bottoni e in un modo o nell’altro possono determinare il presente e il futuro della Juventus come squadra e come azienda quotata in Borsa.

Già infastidiscono, non poco, le “voci” puntualmente ricorrenti relative a presunte collusioni di Andrea Agnelli e di alcuni suoi stretti collaboratori con certi personaggi del terrore legati alla malavita mafiosa. Un impasse morale e di immagine, non si sa fino a che punto realistico o addirittura orchestrato con sottile perfidia, che provvede comunque a aprire una crepa nella corazza della struttura bianconera. Una lacerazione che consente di inserirsi a coloro i quali avrebbero in animo di organizzare un ribaltone societario di valenza nuovamente epocale sulla falsariga di ciò che accadde dopo Calciopoli. L’uso dei verbi al condizionale è quanto mai necessario. Eppure l’ipotesi e il sospetto che a disegnare una eventuale mappa rivoluzionaria sia il presidente della FCA in persona, John Elkann non sono del tutto immotivati.

Le ragioni di questo ipotetico “assalto” al fortino di Andrea Agnelli nascerebbero nel brodo di coltura di un’antica “faida” famigliare di stampo bizantino composto da un mix di antipaia, insofferenza, invidia e sete di potere. Fermo restando che dai tempi delle caverne a oggi fatti del genere sono accaduti e accadono nei clan più titolati, il popolo ha il sacrosanto diritto perlomeno di capire se esiste un minimo di verità e verso quali nuovi scenari porterebbe una rivoluzione del genere. Gianni Agnelli, in questo senso, ha sempre fornito lezioni esemplari partendo dal teorema da lui dichiarato “La Juventus è mia per ciò che riguarda la gestione, ma è sostanzialmente proprietà dei nostri tifosi”. Un’affermazione che non può essere elusa e né delusa.

Di qui la necessità urgente e impellente di una doverosa discesa in campo da parte dei protagonisti di questa vicenda che rischia di destabilizzare non tanto la squadra quanto la piazza juventina. Si faccia avanti John Elkann dica con chiarezza se davvero nei suoi propositi esiste una Juventus strutturata in maniera diversa da questa oppure se siano solamente chiacchiere da caffè dello sport messe in giro ad arte. Lo stesso Andrea Agnelli esca allo scoperto per definire il suo stato d’animo e i suoi eventuali propositi professionali futuri, semmai ne esistono. L’attuale presidente ha lavorato, in questi anni, molto bene. Ciò non toglie che anche lui possa nutrire ambizioni diverse e più alte dopo la “palestra” bianconera. Nel qual caso la soluzione di Alessandro Del Piero come nuovo presidente alla Boniperti e “braccio” di Elkann, da noi già peraltro ventilata come “sogno” insieme con quella di Baggio allenatore, non sarebbe certamente un salto bel buio. Anzi, immaginiamo che il popolo juventino la vivrebbe con grande entusiasmo. Ma a una sola condizione. Che l’operazione, mai dovesse essere vera e andare in porto, fosse frutto di un leale e onesto avvicendamento aziendale. Non il risultato di una sanguinosa faida famigliare.