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Ieri Giovanni Trapattoni ha compiuto la bella età di settantanove anni. Ieri la Juventus di Allegri non ha saputo e non è riuscita a dare il fatidico colpo di reni necessario a battere la Spal ma, soprattutto, a stemperare le legittime ambizioni del Napoli. Tra i due eventi, naturalmente, non vi è una connessione razionale ma un punto di contatto rappresentato da un detto popolare reso famosissimo proprio dal mitico Giuan ovvero “Non dire gatto fin quando non lo hai nel sacco”. E così lo scialbo zero a zero rimediato dai bianconeri a Ferrara ha fatto tornare di moda il gatto, probabilmente nero, della parabola popolare trapattoniana. Una legge che, comunque, vale per ogni cosa della vita e non soltanto per il gioco del pallone.

Ora, a bocce ferme e prima ancora che il Napoli giochi contro il Genoa certamente galvanizzato dal risultato della Juventus che gli permetterebbe di rimanere a distanza favorevole in vista dello scontro diretto ormai futuribile, va comunque detto che non è accaduto nulla di irreparabile anche se le cose per i bianconeri si sono un tantino complicate.  Soprattutto se andiamo a riflettere sul fatto che, nelle ultime quattro stagioni vincenti, proprio il mese di marzo aveva fatto segnalare per risultati e per forma psico-fisica il momento di maggior splendore per gli uomini di Allegri. Questa volta, magari anche perché il meteo non aiuta a immaginare una primavera imminente, le cose non stanno andando allo stesso modo e una certa manifesta stanchezza sta serpeggiando tra i bianconeri. Staremo a vedere, comunque, con la speranza che lo step di Ferrara sia stato soltanto un episodio, ma anche con il dubbio che si sia trattato di un campanello d’allarme.

In ogni caso il “gatto” si trova al momento ancora libero e il sacco rimane vuoto. Un’immagine figurata che mi aiuta con grande piacere e anche con una certa emozione a tornare su Giovanni Trapattoni, sul suo compleanno e sull’allenatore-amico con il quale io, come un’intera generazione di giornalisti, ho avuto modo di vivere le stagioni più belle e fin memorabili  della mia carriera professionale. Non vi è dubbio, neppure per la Storia del calcio italiano, che la Juventus del meraviglioso “decennio” sia stata la manifestazione vivente di tutto ciò che di prezioso può regalare alla sua gente il gioco del pallone. Una Juventus, tra l’altro, che ancora prima dell’arrivo di Platini e di Boniek era composta da “cuori italiani” guidati da un direttore d’orchestra che non sembrava un manager in missione ma un allenatore a tutti gli effetti. Fu con quella Juventus bonipertiana che Giovanni Trapattoni vinse sei scudetti in Italia e tutto ciò che poteva conquistare in Europa. Mai nessuno e niente riuscirà a cancellare o a battere quel record destinato a rimanere scolpito nei cuori degli appassionati al pari di un capolavoro michelangiolesco. Gatto compreso. Grazie, dunque, Giovanni e ancora tanti auguri di giorni felici.