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In quei pochi secondi, tra i più controversi e chiacchierati del calcio italiano dell’ultimo decennio, si è consumato l’inizio di una vera e propria svolta per Milan e Juventus. Nei rapporti di forza, ma non solo, dato per certo che nulla di tutto ciò sia condensabile in un errore arbitrale. Eppure il gol-non gol di Muntari, col senno di poi, ha rappresentato qualcosa di più di una semplice svista: è stata, prima di tutto, un’enorme porta girevole. Robinho batte l’angolo corto, Emanuelson crossa in area, respinta di Vidal sulla testa di Mexes, miracolo di Buffon e tap-in facile facile di Muntari: ecco cosa è cambiato da allora.

L'EPISODIO - L’1-1 andato in scena a San Siro il 25 febbraio 2012 aveva mantenuto invariate le distanze tra il Milan primo in classifica e la Juventus diretta inseguitrice (51 punti a 50, ma bianconeri con una partita da recuperare). Numeri alla mano, non fu quella vittoria mancata a far perdere lo scudetto ai rossoneri di Massimiliano Allegri: il pareggio, perlomeno, non incise più dei cinque punti persi tra Catania e Fiorentina il marzo successivo, o della sconfitta nel derby di maggio. E’ però innegabile il fatto che, dopo il discusso match contro la Juve di Antonio Conte, il Milan non sia più riuscito a recuperare la sicurezza tipica del più forte. Il gap, se prima sorrideva a Ibrahimovic e compagni, è andato sempre più allargandosi a favore dei bianconeri: primi per sei stagioni consecutive, mentre il Diavolo finiva rispettivamente secondo, terzo, ottavo, decimo, settimo, sesto. Tutto parte da lì, da quel pallone intercettato da Buffon dentro la linea di porta e quindi spazzato definitivamente: sarebbe affascinante leggere in quella traiettoria la parabola vissuta dal Milan, arrivato a un passo dal nuovo trionfo e quindi ricacciato sempre più lontano dall’obiettivo. Ma la verità è che un fischio inesistente non basta a spiegare da solo il progressivo calo tecnico, organizzativo e finanziario vissuto dal club rossonero di fronte ai rivali storici. Nell’anno in cui la Juve supera la soglia dei 500 milioni di fatturato, con sei scudetti in più nel palmarés e due finali di Champions League in tre anni, il club che fu di Berlusconi e che adesso fa capo a Li Yonghong sembra ancora lontano dalla soluzione del problema.

LA PARTITA DI ALLEGRI... E CONTE - Se il Milan non è ancora riuscito a rialzarsi, diversa sorte è toccata - un po’ a sorpresa - a Max Allegri. Esonerato dal club rossonero il 13 gennaio 2014, la parabola dell’allenatore sembrava destinata ad un finale calcisticamente deludente. E pensare che poco tempo era passato da quando annunciava di voler lottare per la seconda stella, ancora prima di aver vinto un 19esimo scudetto che non si è mai colorato di rossonero. Quella stella (però la terza), è arrivata curiosamente sulle maglie della Juventus. Ma l’andamento non cambia: la Juve di Allegri soffre a Milano come e più di quella di Conte (due vittorie di misura, 1-0 e 2-1, e una sconfitta, quella della scorsa stagione con gol di Locatelli), ma alla fine sono stati “sempre loro” ad alzare al cielo lo scudetto. Stasera il nuovo capitolo di una sfida immortale, carica di motivi per entrambe le squadre. Si parte sempre da un episodio: San Siro, d’altra parte, fu teatro nella scorsa stagione di un clamoroso gol annullato ingiustamente a Pjanic. Ma questa non può non essere la partita di un Allegri che mai dimenticherà il gol-non gol di Muntari e la rinascita juventina. Sliding doors che potrebbero girare ancora di più: in questo senso, assume un significato ancora più speciale l’ipotesi di un Antonio Conte di ritorno in Italia dopo l’esperienza al Chelsea, magari proprio sulla panchina rossonera. E se il prossimo Milan-Juve li rivedesse ancora uno contro l’altro?

@mcarapex