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Ieri la Juventus ha compiuto 120 anni di storia, una storia scritta da calciatori e uomini sia dentro che fuori dal campo. Tra questi uomini ce n’è uno con la u maiuscola, Gaetano Scirea, storico leader difensivo dei bianconeri colori per i quali Scirea ha dato tutto, anche la vita. Ilbianconero.com ha intervistato Mariella, moglie dell’immortale libero bianconero, per parlare non solo della storia della Juve ma anche dei temi di più stretta attualità.

C’è un aggettivo con il quale riassumerebbe la storia della Juve?
Un aggettivo non basterebbe, c’è grande felicità, c’è stato qualche momento di tristezza ma questi colori, il bianco e il nero, hanno fatto si che in tutto il mondo ci si senta amici, fratelli e si condividano le stesse idee.”

E invece un aneddoto che spieghi cosa vuol dire vestire la maglia della Juve?
“Gaetano considerava la Juve come la sua seconda famiglia, Boniperti il suo secondo padre. Questo basta per spiegare il suo pensiero su questa società. Per lui la Juve non era solo una società e i dirigenti non erano solo datori di lavoro. Era una famiglia, allora ci si considerava quasi tutti parenti. Ancora oggi quando mi chiedono perché io e mio figlio continuiamo ad essere nell’ambito della Juve nonostante mio marito sia morto per questa società la mia risposta è sempre questa: Gaetano la considerava la sua seconda famiglia e dalla famiglia non ci si può distaccare.”

Vista la sua devozione alla maglia e gli attributi morali, Buffon può essere considerato tra i calciatori che più si avvicinano a suo marito?
“I tempi sono cambiati molto, fare paragoni oggi è quasi impossibile ma certamente Gigi è un uomo che in questo periodo storico ha delle caratteristiche che si avvicinano all’identità di Gaetano. Ha dedicato la sua vita calcistica a questa società e devo dire che dalla sua c’è anche la facilità di avere un presidente che ha più o meno la sua età. Allora con mio marito c’era una differenza di età con il presidente Boniperti, c’era diversità dal punto di vista anagrafico. Oggi Gigi è un compagno di idee del presidente Agnelli, sono due quarantenni.”

A proposito di Agnelli, a causa dei rapporti con gli ultras è stato inibito per un anno: ha fatto bene la proprietà a confermarlo alla guida del club?
Queste vicissitudini extra calcistiche mi sembrano abbastanza mirate. Sono rimasta perplessa e disgustata dal fatto che nessun presidente della Lega abbia alzato un dito dicendo: ‘Forse sarebbe opportuno che il governo del calcio prenda provvedimenti’. Come diceva qualcuno al di sopra di noi: ‘Scagli la prima pietra chi è senza peccato’, avrei voluto vedere quanti presidenti avrebbero scagliato la pietra. Nessuno si è permesso di dire che siamo tutti sulla stessa barca. E’ capitato alla Juventus ma mi piacerebbe sapere quante altre società di calcio sono immuni dai rapporti con gli ultras. Poi Andrea rappresenta la continuità della famiglia, in sette anni della sua presidenza abbiamo vinto tutto quello che c’era da vincere. Abbiamo vinto sei campionati consecutivi, supercoppe, Coppa Italia, abbiamo fatto due finali di Champions e dato alla nazionale tanti giocatori. Credo che Andrea sia davvero un presidente vincente. Ha portato una ventata di gioventù in questa Juve e credo che sia lui la persona giusta per portare avanti questa società per ancora maggiori successi.”

Dybala sta mostrando un po’ d’insofferenza al momento delle sostituzioni e non solo. Cosa gli avrebbe detto Gaetano? Lo avrebbe strigliato o avrebbe cercato di tranquillizzarlo?
Bisogna sfatare questa cosa perché Dybala non ha mancato di rispetto ad Allegri, era arrabbiato con sé stesso e non aveva nessun problema nei confronti di Allegri, capiva di non riuscire a dare quello che può perché lui è un campione e quando non riesce a dare quello che può si arrabbia. Ai tempi di mio marito era diverso, intanto c’erano delle fasce, fasce a cui appartenevano giocatori di diversa esperienza. Quando arrivò mio marito a 21 anni lui era nella terza fascia e se venivano fatti errori se la prendevano con lui. Poi Trapattoni, che allora era l’allenatore, gli diceva: ‘Sai Ga, io queste cose le devo dire a te perché siamo tutti e due milanesi, siamo vicini di casa, so che sei così intelligente che non te la prendi e capisci perfettamente’ e tutto finiva con una risata. In effetti però c’erano delle gerarchie, io oggi non condivido il ragazzino che arriva per la prima volta in una grande società di calcio con il Porsche e vuol essere considerato come chi ha già esperienza e può dare consigli utili. Non accade solo nel calcio ma anche nella società in cui viviamo, nella scuola ad esempio, gli insegnanti non possono rimproverare gli alunni che altrimenti si ritrovano in tribunale. In questa società chi urla più forte e chi è più aggressivo ha sempre ragione ma nel comportamento di Dybala non vedo nulla né di trascendentale né di pericoloso.”